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Angelo Camillo Maine


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Angelo Camillo Maine

( Quarto 1892 - Genova 1969 )

Scultore

    Angelo Camillo Maine

    Angelo Camillo Maine nasce a Genova il 24 dicembre 1892 da Giacomo e Maria Chiarella. Dopo un passaggio all’Accademia Ligustica, sceglie l’apprendistato nella fonderia dello scultore e pittore divisionista Pietro Albino, sulla scogliera di Quinto al Mare. Assimilandone il linguaggio tra simbolismo e déco, si divide tra opere di oreficeria (coppe, calici e candelabri) e produzione funeraria (degna di nota è la Tomba Maine del 1925 per il Cimitero di Staglieno a Genova). Nel 1928 esibisce alla Promotrice di Genova una lampada bronzea finemente cesellata intitolata Il bacio delle libellule, esposta l’anno dopo alla Mostra del Centenario Amatori e Cultori a Roma e per la quale un articolo su “La Casa bella” lo paragona a Benvenuto Cellini. Grazie alle doti di minuzioso incisore, nel 1927 è presente alla terza Mostra d’Arte Decorativa di Monza e nel 1930 invia due oggetti in argento alla Mostra dell’Orafo alla Biennale di Venezia.

    Dagli anni Trenta, accantonata la carriera di nuotatore, si dedica totalmente alla scultura e, amatorialmente, alla fotografia; collabora con il biologo marino Raffaele Issel, esperto della fauna profonda del Golfo di Genova, accompagnandolo al largo con la sua barca alla ricerca del plancton. Predilige il soggetto ittico, investigato anche al microscopio, e modella una serie di pesci bizzarri, molluschi, crostacei e divinità abissali in cui lo studio analitico delle forme naturali si fonde con un registro visionario e surreale, venato di allusioni antropomorfe ed esaltato dalle patine colorate. Emblematici di queste immagini organiche e metamorfiche sono il bronzo Entomopsis (frequente nei titoli è il nome scientifico), le due creature tentacolari inviate alla Biennale veneziana del 1936 e l’Hippocampus mediterraneo, medaglia d’argento all’Esposizione universale di Parigi del 1937. Nel 1939, alla X Sindacale di Genova, presenta l’Elefante marino, una testa dallo sguardo arcano ritrovata di recente dopo decenni di oblio, in cui l’abituale virtuosismo si risolve nel sintetismo della modellazione.

    Dai primi anni Quaranta Maine affianca al motivo animalistico, marino e terrestre (con un ampio repertorio di scimmie, gorilla, oranghi, scimpanzè, e poi tori, galli, cavalli e bufali), anche l’indagine della figura umana e il tema sacro, esacerbando la vena espressionistica latente nella plastica anteguerra. Plasma una serie di figure dai tratti sofferenti e drammatici: volti maschili, arcaici e allucinati (Uomo antico, Pugile, Testa di guerriero) e un nucleo di bronzi e cere nere e rosse dedicate al motivo della Testa di Cristo. La modellazione rapida e dinamica, con ampi piani interrotti da lacerazioni e grumi di materia vibrante, intensifica la sensazione di sfaldamento della superficie, avvicinandosi a certi esiti della scultura informale. La critica cita la plastica di Alberto Giacometti e di Jean Dubuffet.

    Invitato regolarmente ai grandi appuntamenti espositivi, dalle Biennali veneziane (1942, 1948, 1954, 1956) alle Quadriennali romane (1943, 1948, 1955, 1959, 1965), nel 1949 Maine compie un viaggio nell’America del Sud in occasione delle mostre a Buenos Aires, Córdoba e Montevideo.

    Sculture e studi a matita e a inchiostro si affiancano nelle personali degli anni Cinquanta alle gallerie San Matteo di Genova (1952) e Strozzina di Firenze (1955), presentate dall’amico Attilio Podestà, e alla galleria dell’Ariete di Milano (1959), presentata da Franco Russoli. Nominato membro dell’Accademia Ligustica di belle arti di Genova e dell’Accademia del disegno di Firenze, si spegne a Genova il 14 gennaio 1969.

    Sara Fontana

     

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