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Pittore
Augusto Baracchi
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Augusto Baracchi
Augusto Baracchi nasce a Modena nel 1878. Ancora non sono chiare le diverse fasi della sua formazione artistica. È probabile che sia stato allievo in Accademia di Salvatore Postiglione e che abbia avuto anche rapporti con Giuseppe Graziosi, che deve averlo introdotto alla tecnica incisoria.
Al 1895 risale il suo esordio all’esposizione Triennale di Modena, cui parteciperà poi assiduamente per molti anni. Nel 1897 ottiene il primo importante riconoscimento: con Studio da vero riceve la medaglia d’argento del Ministero della pubblica istruzione, premio che lo rende noto alla critica, interessata alla gestione libera del colore, che fa di Augusto Baracchi uno degli artisti più moderni e aggiornati dell’area modenese a cavallo dei due secoli.
I suoi soggetti prediletti si inseriscono nella narrazione idilliaca e serena del mondo agreste, attraverso un verismo sciolto, caratterizzato da tocchi ricchi di colore che come tasselli costruiscono le vedute cittadine o i citati dipinti pastorali dove luce e ombra dialogano con effetti tutt’altro che scontati.
Nel frattempo, l’artista opera nel campo dell’illustrazione e della grafica, che costituiscono la sua vera vocazione, collaborando con il giornale satirico “Il duca Borso”, in cui si confronta con altri artisti locali come Gaetano Bellei e Giovanni Cappelli.
Le acqueforti di Augusto Baracchi sono caratterizzate da un tratto asciutto e da un fascino senza tempo, tanto più che sono inizialmente dedicate a scene e vedute agresti. Le incisioni compaiono alle principali esposizioni italiane, a partire dalla Fiorentina Primaverile del 1922, stesso anno in cui esordisce alla Biennale di Venezia con Piazzetta a Fiumalbo e Vecchie case a Fiumalbo, acqueforti che narrano la semplicità rurale della vita di un paesino dell’Appennino emiliano.
Si occupa anche e soprattutto della riproduzione di monumenti italiani attraverso un vero e proprio ciclo di stampe eseguito a partire dagli anni Venti, in cui la grandiosità di edifici come la Basilica di Assisi si innalzano con magnificenza su cieli aperti, con pochissime presenze umane, come si nota dalle due acqueforti presentate alla Biennale del 1924.
La precisione prospettica e architettonica e la celebrazione storica si uniscono anche nella serie dedicata alle Vestigia della Roma imperiale, che si inserisce nella generale esaltazione dei monumenti antichi espressa dalla retorica di regime e che si spinge anche verso la celebrazione delle nuove opere urbanistiche fatte eseguire da Mussolini. Alla Biennale del 1930 viene proprio incaricato dalla commissione di realizzare una serie di stampe delle dighe venete. Ne presenterà in totale sei, tra cui la Grande diga di presa nel Piave e Diga di Pavana. L’anno successivo, partecipa alla Quadriennale di Roma ancora con due acqueforti, Piazza delle Erbe a Modena e La sacra di san Michele. Vi ritorna nel 1935 con due vedute del Foro imperiale e nel 1939 con Ruderi del Tempio di Marte e Milano che si rinnova: via del Palazzo Reale. Quest’ultima stampa è stata realizzata in seguito al suo trasferimento nella capitale lombarda, che coincide anche con un progressivo ritorno alla pittura a olio, cui si dedica fino alla morte, sopraggiunta nel 1942.
Elena Lago
Il sito viene aggiornato costantemente con opere inedite dei protagonisti della pittura e della scultura tra Ottocento e Novecento.