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Scultore

Tarrini Cesare


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Tarrini Cesare

( Chianni 1885 - Livorno 1953 )

Scultore

    Tarrini Cesare

    Cesare Tarrini nasce a Chianni, vicino Pisa, nel 1885. Sono poche le notizie biografiche che riguardano lo scultore, poiché il suo ruolo all’interno dell’ambiente artistico livornese è stato riscoperto solo recentemente.

    Gli esordi: la scultura in legno

    Entra nel mondo della scultura come umile intagliatore in legno di un paesino in provincia di Pisa. Trasferitosi a Livorno sin dai primi anni del Novecento, si concentra sull’esecuzione di piccole statuette caricaturali.

    Ben presto viene notato dallo scrittore Gino Saviotti, ciociaro di origine, ma trapiantato tra Pisa e Livorno per i suoi studi. Frequentando l’ambiente post macchiaiolo e quindi i membri del Gruppo Labronico, si avvicina naturalmente al giovane scultore Cesare Tarrini.

    Lo presenterà poi nel catalogo della mostra del Gruppo Labronico alla Galleria Pesaro di Milano nel 1924, riassumendo la sua semplice ma fortunata vicenda artistica. Ancora giovane e fiducioso nelle sue capacità, espone le sue prime sculture in legno nella vetrina di un negozio di Livorno, riscuotendo un inaspettato ma entusiastico successo di critica e di pubblico.

    Spontaneità, brio e freschezza sono i tre aggettivi che Saviotti utilizza per descrivere le opere giovanili di Cesare Tarrini. Dopo la Prima guerra mondiale, intenzionato a passare dalla lavorazione del legno ad altri materiali più nobili, come il marmo e il bronzo, riesce nell’intento, figurando tra i maggiori rappresentanti della scultura naturalista della Livorno degli anni Venti.

    Il Gruppo Labronico

    Si conferma rappresentante indiscusso della caricatura, anche attraverso la produzione di piccoli gruppi satirici che sfoggiano un efficace intento espressivo e che lo rendono famoso anche all’estero. Facendo parte del Gruppo Labronico a Livorno, prende avvio dal naturalismo di matrice macchiaiola per unirlo ad un intento intimo e personale, che si riflette non solo nei ritratti dei suoi amici pittori Ulvi Liegi e Raffaello Cambogi, ma anche nelle numerose opere sacre che esegue nel corso degli anni Trenta in area livornese e non solo.

    In legno, bronzo e marmo realizza numerose statuette dedicate alla quotidianità del lavoro, come il Pescatore, ma anche ai soggetti animalier, come le Scimmie eseguite in terracotta. Nel 1922, partecipa con il Gruppo Labronico alla Fiorentina Primaverile, esponendo una Testa in marmo, mentre l’anno successivo, alla Mostra dei Pittori e Scultori livornesi espone le sculture in legno Pastorino, La madre, Troppo carico, Il capolega ed Attrazione.

    Alla Mostra del Gruppo Labronico alla Galleria Pesaro nel 1924 presenta Pastorello, Turbamenti, Scaricatori e Sartine, piccole sculture in cui si nota un evidente legame con l’espressionismo, ma che mostrano anche una sottile ed elegante vena decorativa.

    Nel 1929, tiene una personale nel suo studio, recensita da Luigi Servolini su “Emporium”. A proposito di una serie di quattordici altorilievi in legno con la Via Crucis eseguiti per la Collegiata di San Secondo di Asti, scrive: «Il pregio migliore […], al di sopra del valore tecnico, va ricercato nel sentimento profondo e dolcissimo, che anima le varie scene». È attivo fino agli anni Quaranta: tra le ultime mostre, compare quella degli Artisti Livornesi alla Bottega d’Arte, in cui espone I miei frugoli e Maternità. Muore a Livorno nel 1953, a sessantotto anni.

    Elena Lago

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    Opere di Tarrini Cesare


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