OPERA NON DISPONIBILE
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Morozzi Dante

(Firenze 1899 - Ginevra 1965)

La Commedia, 1931

Misure: cm 45 x 35 x 26

Tecnica: Ceramica policroma

Firmata e datata sotto la base “D. Morozzi 1931”
Provenienza: collezione Ruberti Mussolini
Esposizioni: Venezia 1932 (altro esemplare)
Bibliografia: Nebbia 1932, p. 388; Venezia 1932, p. 65, n. 6; Fergonzi 1995, p. 110

Dante Morozzi presentò La Commedia alla Biennale di Venezia del 1932, nell’ambito di un’importante mostra personale composta da undici sculture in ceramica. Quasi rimosso dalla letteratura artistica del dopoguerra per via della sua attività di delatore durante l’occupazione tedesca, l’artista toscano fu tra i più apprezzati giovani scultori attivi alle esposizioni italiane tra gli anni Trenta e Quaranta.

Emile Schaub- Koch dedicò alla sua tecnica scultorea un entusiastico saggio (E. Schaub-Koch, Note tecniche sulla statuaria di Dante Morozzi, Roma 1941, trad. di P. Tosel), in cui l’artista veniva paragonato per la sua eccezionale abilità ai grandi maestri del passato, con particolare riferimento a Donatello e alla tradizione della ceramica dei Della Robbia («la tecnica di Morozzi è semplicemente quella dei grandi maestri fiorentini ed egli se ne serve altrettanto bene», p. 15).

In effetti, l’originalità della cifra stilistica di Morozzi risiedeva nella ricerca di un linguaggio moderno attraverso una colta rilettura non solo della lezione robbiana, ma anche dell’antica scultura etrusca. Oltre alla Commedia, è eloquente in tal senso un nudo esposto nella stessa personale veneziana – intitolato appunto Nudo etrusco – così come l’arcaicizzante Ispirazione , in cui la personificazione dello stato d’animo è ancora una volta affidato ad una figura femminile.

Il tema della donna ricorre con frequenza nella produzione morozziana dei primi anni Trenta. Anche nei ritratti – sempre alla diciottesima Biennale esponeva una Testa, una Testa di fanciulla col cappellino e il Ritratto della S. Backo – l’artista non rinunciava allo spiccato senso per la varietà cromatica e «alla spiritosa sommarietà di quelle terrecotte invetriate, un po’ di gusto decorativo», come il critico Ugo Nebbia definì le sue sculture in una recensione su “Emporium”. Il 1932 fu un anno cruciale per la carriera di Dante Morozzi. Mentre registrava i successi della personale veneziana, avviò una prolifica collaborazione con l’antica manifattura fiorentina Cantagalli, contribuendo a rinnovarne la produzione.

L’anno seguente espose quindi le prime realizzazioni per la ditta alla Mostra delle ceramiche della V Triennale d’Arte di Milano. Giò Ponti, nel lodare il lavoro svolto per Cantagalli, definì Morozzi «uomo d’ingegno, di nobile fantasia, di pronte qualità plastiche, di bell’istinto ceramico» (cfr. G. Ponti, Maioliche d’arte italiane, in “Domus”, 1932, n. 66, p. 325. Riportato in R. Canestrari, Dove rifiorisce l’arte tradizionale dei Robbia, in “La cultura moderna”, 1939, fasc. II, p. 91).

Si recò quindi in Germania, a Karlsruhe, dove lavorò per la Manifattura di Stato, poi a Cortina d’Ampezzo per dirigere la Scuola d’Arte locale. Nel 1941 ottiene quindi la cattedra al Liceo Artistico di Brera a Milano, per poi trasferirsi in Svizzera dopo il conflitto.

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