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Elia Sala


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Elia Sala

( Milano 1864 - Gorlaprecotto 1920 )

Scultore

    Elia Sala

    Fratello del pittore Paolo Sala (1859 – 1924) e allievo insieme a lui di Camillo Boito all’Accademia di Brera, Elia Sala si forma inizialmente nel campo dell’architettura, aspetto che affiorerà ripetutamente nelle sculture degli anni successivi, caratterizzate quasi sempre da un solido sostrato architettonico.

    Molto giovane, verso la fine del secolo, si trasferisce con il fratello in Russia. Attivo tra San Pietroburgo e Kiev, contribuisce alla crescita artistica della città e viene apprezzato soprattutto come architetto e come autore di ritratti e busti in bronzo di spiccato gusto liberty. Nel 1898 e nel 1902, è tra gli organizzatori delle due edizioni dell’Esposizione Artistica Italiana di San Pietroburgo. In un articolo del 1906 si legge: «Il governatore generale di Kieff ha visitato lo studio del nostro connazionale, lo scultore Elia Sala, […] chiamandolo ripetutamente rappresentante dell’ingegno italiano. L’Elia Sala, tempra instancabile di lavoratore, dopo aver arricchito Kieff di opere architettoniche pregevolissime, quali la Sinagoga, il Museo e recentemente la Banca di Governo, mentre studia il progetto per la costruzione della nuova Stazione ferroviaria, ha inviato a Milano due opere di scultura a grandezza naturale…» (1906, p. 743). L’autore si riferisce ai lavori presentati all’Esposizione Nazionale di Milano per il traforo del Sempione del 1906, Sogni in bronzo, Mugyk della piccola Russia e Dopo il saccheggio in Russia in gesso. A questa mostra ne seguono diverse altre, tra cui l’Esposizione annuale di Milano del 1911 e del 1912, dove compaiono piccoli soggetti in bronzo di stampo aneddotico, tra cui Il lancio della palla e Bacio pericoloso. Opere art nouveau e oggetti d’arte applicata compaiono invece alle mostre della Federazione Artistica Lombarda presso la Galleria Pesaro, dove espone anche soggetti animalier che necessitano di una menzione a parte.

    Nel 1918 presenta i Cani e nel 1919 il Tacchino, entrambi in bronzo. Non è certamente la prima volta che Elia Sala si confronta con questo genere: già a Kiev, impegnato nella decorazione della Casa delle Chimere, progettata dall’architetto Władysław Gorodeckij nei primi anni del Novecento, aveva eseguito una serie di sculture e protomi per le facciate e per gli interni che avevano l’obiettivo di sottolineare la forte passione dell’architetto per i safari. L’esuberante e stravagante decorazione, che sfocia quasi nella formulazione di un bestiario fantastico da Wunderkammer, è costituita da cervi, rinoceronti, delfini, elefanti, pantere, rane giganti, trofei di caccia. In questa fusione di natura e artificio, che rientra in un complesso schema allegorico, è impossibile non ravvisare riferimenti alla scultura manierista, e in particolare alla Grotta degli animali eseguita nel 1567 da Giambologna nella villa Medicea di Castello. La decorazione rocaille si unisce all’inserimento di animali reali e fantastici, tra cui una serie di volatili appollaiati su rocce oggi esposti al Museo Nazionale del Bargello. Il Tacchino di Elia Sala è certamente un omaggio allo stesso esemplare scolpito da Giambologna nel tardo Cinquecento, quando ancora si considerava un animale esotico proveniente dal Nuovo Mondo. Ne condivide lo stesso abbondante piumaggio sul petto e nella parte posteriore, così come la posizione statica, regale e bizzarra allo stesso tempo. Anche in altri pezzi decorativi, Sala è solito inserire sculture animalier, come nel caso dell’orologio con i Titani, che sorreggono la Terra sormontata dal carro del Sole guidato da cavalli imperiosi in corsa, «opera d’arte decorativa che fa onore all’autore» (1914, p. 206).

     

    Elena Lago

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