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Pittore
Emanuele Paparo
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Emanuele Paparo
Emanuele Paparo nasce a Monteleone, nome medievale di Vibo Valentia, nel 1778. Dimostrate precoci doti artistiche, diventa allievo del pittore locale Lorenzo Rubino. Compiuta questa prima fase formativa in Calabria, si trasferisce a Napoli, dopo essere stato notato da un generale napoleonico, a seguito dell’istaurazione del governo di Gioacchino Murat.
Successivamente, nei primi anni dell’Ottocento, Emanuele Paparo si trasferisce a Roma, per maturare le sue attitudini pittoriche. Tra il 1806 e il 1808 è allievo di Vincenzo Camuccini, da cui trae quella spiccata vena classicista, composta da una parte dal robusto impianto disegnativo di matrice davidiana, e dall’altra un cromatismo pieno e sontuoso, che elabora con piacevoli derivazioni personali.
Il tono aulito di certe composizioni camucciniane si ritrova ben presto nell’operato del pittore calabrese, soprattutto dopo il suo rientro in patria. A partire dagli anni Dieci dell’Ottocento, l’artista viene incaricato della restaurazione di alcune chiese locali, tra cui il Duomo di Santa Maria Maggiore.
Negli anni della sua attività in Calabria, è conosciuto soprattutto per le opere sacre e devozionali, tra cui La cena del Redentore e La Madonna del Rosario di Gerocarne, opera in cui si possono notare chiari riferimenti alla pittura Manierista, non solo nella scelta di una tavolozza accesa, ma anche nella particolare atmosfera onirica. Ciononostante, non può non essere citata la sua attività di ritrattista, condotta con particolare attenzione a un disegno solido e a un cromatismo veramente ricco e già intriso di note romantiche, come si nota dall’Autoritratto del 1815 e dal Ritratto di Fortunato Morani, del 1820.
Dopo aver preso i voti nel 1818, Emanuele Paparo non abbandona la sua attività pittorica, pur accompagnandola a quella letteraria. Famoso è il suo poemetto Il romitaggio. Al 1822 risale la Veduta di Monteleone in tempesta, opera che si distacca fortemente dalla sua produzione sacra.
I valori atmosferici che emergono dal temporale in atto nella parte superiore della tela sembrano proiettare Paparo in una sensibilità già romantica, anche se la quinta arborea sulla sinistra, la minuziosa descrizione delle foglie e la rigida schematizzazione del fulmine rossastro ci indicano una adesione ancora ben visibile agli stilemi classicisti. La visione aneddotica della donna a cavallo in preda al vento e del contadino sullo sfondo che rinforza la staccionata contro la tempesta inseriscono Paparo in un regionalismo che richiama alcuni caratteristiche descrittive e “favoleggianti” del Seicento fiammingo. A ogni modo, la protagonista del dipinto è Vibo Valentia, chiamata Monteleone da Federico II di Svevia. La città sullo sfondo si appoggia sul mare ed è sovrastata dall’imponete castello Normanno – Svevo (oggi sede del Museo archeologico) stagliato in alto a sinistra sul monte impervio.
Elena Lago
Il sito viene aggiornato costantemente con opere inedite dei protagonisti della pittura e della scultura tra Ottocento e Novecento.