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Pittore
Emilio Notte
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Emilio Notte
Emilio Notte nasce nel 1891 a Ceglie Massapica in Puglia, da genitori di origini venete. Si trasferisce molto presto però nell’avellinese e a Sant’Angelo dei Lombardi frequenta il liceo. Effettua gli studi in campo artistico all’Accademia di Belle Arti di Napoli, ma non ha molti rapporti con i pittori tardo ottocenteschi partenopei, ad esclusione di Michele Cammarano. Nel 1907 si sposta nuovamente e si trasferisce con la famiglia a Prato, terminando gli studi all’Accademia di Firenze. Qui ha modo di approfondire la pittura del Quattrocento, ma entra soprattutto in contatto con un ambiente stimolante, studiando con Adolfo De Carolis, Giulio Aristide Sartorio e frequentando lo studio di Giovanni Fattori. Stringe rapporti inoltre con Lorenzo Viani, Alberto Magni, Galileo Chini, Plinio Nomellini, Dino Campana e Ardengo Soffici.
I primi lavori sono orientati al verismo di carattere sociale con soggetti impegnati, e preludono una deformazione espressionista degli anni a venire, spesso a carattere simbolico.
Nel 1909 infatti partecipa alla Biennale di Venezia con Le parche e Gli idolatri; mentre l’anno successivo prende parte alla Promotrice di Firenze con Funerale, Donne che pregano e I poveri di Prato. Torna alla Biennale nel 1912 con Feticismo. In questi anni l’artista scopre la pittura di Cézanne e inizia a costruire l’immagine per piani attraverso pennellate larghe.
Nel 1914 è presente alla seconda Secessione romana con Le bigotte e Impressioni, mentre l’anno successivo espone alla terza Secessione Idioti.
Tramite l’amicizia con Soffici si avvicina poi al Futurismo, infatti il pittore toscano gli presenta Boccioni, Marinetti e Carrà. Nel 1917 firma insieme a Lucio Venna il manifesto teorico futurista Fondamento lineare geometrico pubblicato sulla rivista “L’Italia futurista”. La sua pittura rimarrà però sempre legata ad una costruzione geometrica dell’immagine, più che al senso di dinamismo futurista. Una delle tematiche più esplorate in questi anni è quella delle piazze, dedicata all’osservazione della vita cittadina e metropolitana, come Piazza Battistero a Firenze o Piazza Mercatale, ma non subirà il fascino della macchina, che anzi viene interpretata in chiave catastrofica e pessimista.
Dal 1917 al 1918 il pittore viene inviato al fronte, al termine del conflitto mondiale si trasferisce a Venezia dove ha modo di studiare la tecnica e il teatralismo veneziano. Negli anni Venti subisce il fascino del ritorno all’ordine, frequentando Sironi e il gruppo Novecento riunitosi intorno alla figura di Margherita Sarfatti, interessandosi soprattutto al Quattrocento fiorentino. Si trasferisce quindi per un breve periodo a Milano, cuore del movimento. Opere di questo periodo sono Ragazze sul prato a Milano o L’arrotino.
Nelle opere di inizio anni Venti il pittore continua ad osservare la vita quotidiana, umile e collettiva. Due opere su questo tema vengono esposte alla Fiorentina Primaverile del 1922 come Vecchia mendicante e La cieca cantastorie, nella quale si nota anche la costruzione scenica della pittura veneziana. Nel 1924 partecipa alla Biennale di Venezia con Fruttivendola. Dal 1925 il suo linguaggio risente del Realismo magico. Infatti l’artista si stabilisce a Roma dove entra in contatto con Massimo Bontempelli che influenza il suo linguaggio estetico,come si può osservare dall’opera In giardino esposta alla Biennale di Venezia del 1930 e dai dipinti presentati all’edizione successiva del 1932 come Lo scolaro, Composizione, Ritratto, Buoi nella stalla, Bambina che legge, Adriana studia, Natura morta e Adriana al pianoforte. Nel 1934 partecipa invece con La donna che suona la chitarra, Caccia, Carte da giuoco e scacchiera, Pesci, Fanciulla che scrive e Fanciulla che legge.
Parallelamente Emilio Notte intraprende la carriera didattica: nel 1923 ottiene la cattedra di pittura presso il liceo artistico di Venezia, poi nel 1924 insegna figura alla Scuola di Nudo di Roma e nel 1929 vince la cattedra di decorazione all’Accademia di Napoli dove rinnova l’ambiente artistico diffondendo le nuove ricerche delle avanguardie contemporanee. Questo comportamento non viene apprezzato dal corpo docenti dell’Accademia, ancorato alla tradizione morelliana, che quindi lo osteggia.
Negli anni Quaranta continua la sua evoluzione e sperimenta un linguaggio volto all’impressionismo di Renoir come nel dipinto Il corredo della sposa che presenta alla Mostra del Sindacato fascista del 1941 insieme a La comunicanda e Nudo. Negli anni successivi riflette anche sulla poetica picassiana e sul muralismo messicano, realizzando opere dal forte impatto emotivo e figurativo come La strage di Melissa del 1953, dedicata all’uccisione dei contadini nelle terre occupate in Calabria.
Duranti gli anni Sessanta ha inizio poi la cosiddetta “stagione di Vulcano” che prende il nome dall’isola delle Eolie dove trascorre le estati dal 1960 al 1965, caratterizzata da forti tratti espressionisti che richiamano la pittura di Emil Nolde e il Die Brücke. Continua il suo percorso in solitaria spaziando da temi classici, a soggetti raffiguranti la violenza della guerra, a motivi religiosi, come testimoniano le numerose Crocifissioni che realizza negli ultimi anni. Si spegne a Napoli nel 1982.
Emanuela Di Vivona
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