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Pittore
Ercole Calvi
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Ercole Calvi
Il paesaggio e la veduta lacustre, genere, quest’ultimo di eccezionale fortuna sulla scia del persistente successo dell’immaginario manzoniano e all’indomani dell’Unità dell’attrazione esercitata dai laghi come luoghi di villeggiatura, sono i generi praticati da Ercole Calvi a partire dal 1858.
È datata 1868 questa veduta del Lago di Santa Croce, specchio d’acqua del bellunese su cui si riflettono i monti dell’Alpago e sulle cui sponde si affacciano i paesi di Santa Croce, Farra d’Alpago e Poiate. Lavorando sul motivo del rientro dalla pesca, tema più volte replicato, l’artista pone al centro della composizione le figurine dei pescatori che raccolgono le reti, sullo sfondo di una composizione giocata su delicati rapporti cromatici.
La parte destra della tela è, infatti, dominata dal dirupo scosceso in penombra che degrada verso la riva sassosa, mentre le montagne a sinistra appaiono illuminate dalla luce rosata della sera. La rigida bipartizione tra terra e acqua è rotta e ravvivata dal lembo di terra che si incunea sul lago in direzione delle imbarcazioni.
Il pittore veronese era venuto in contatto negli anni della sua formazione braidense con le più aggiornate ricerche lombarde sul paesaggio e sulla veduta in quella Milano degli anni Quaranta, dove attraverso la lezione di Giuseppe Bisi, Massimo D’Azeglio e Giuseppe Cannella si stavano affermando generi solo pochi anni prima considerati marginali secondo i canoni neoclassici, interessandosi in particolare al vedutismo esatto di Cannella, magistrale ritrattista di città e scorci lacustri, di cui nel 1844 non esitava a definirsi “amico” (Gattoli 2007, p. 10).
Caratterizza, infatti, la sua prima produzione la resa levigata e minuziosa di eventi sullo sfondo di Verona, Milano, Venezia e la campagna, i laghi e i monti tra Veneto e Lombardia. Si tratta per le più di scene di vita quotidiana, cui si accompagnano più tardi negli anni Sessanta episodi di vita militare con protagonisti i diversi corpi del recente esercito italiano e le più irregolari camice rosse garibaldine, rese con figurine disposte in maniera ordinata senza mai cedere al bozzettismo.
La svolta della fine degli anni Cinquanta era forse avvenuta attraverso il confronto con la coeva pittura di paesaggio tedesca particolarmente apprezzata nei centri del lombardo-veneto, negli anni immediatamente precedenti la seconda guerra d’indipendenza. Julius Lange, in particolare, stava svecchiando la tradizionale veduta esatta e minuziosa di gusto biedermeier attraverso un approccio più realistico.
Come nel caso del dipinto in analisi, i cieli si stavano facendo più vibranti, i riflessi dell’acqua più chiaroscurati, i monti più aspri e la vegetazione più corrusca.
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