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Scultore
Ernesto Biondi
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Ernesto Biondi
Originario di Morolo, piccolo paese del frusinate, dimostra sin da bambino di avere spiccate attitudini artistiche: si dedica precocemente al disegno, dimostrando allo stesso tempo una generale insofferenza verso l’ambiente scolastico. Nel 1870, appena sedicenne, giunge a Roma per studiare arte; accompagnato da difficoltà economiche, vive dallo zio don Pietro, cappellano della chiesa di Sant’Agnese in piazza Navona. Si mantiene nei modi più disparati: intarsi in legno, lavori in stucco e terracotta, illustrazioni, fino a quando non riesce a entrare all’Accademia di San Luca nel 1871. Allievo poi di Girolamo Masini, ne eredita alcuni tratti nelle primissime opere, tra cui il monumento funebre Mengozzi-Huber per il Verano. L’esordio di Ernesto Biondi avviene alla Mostra Nazionale di Belle Arti di Roma del 1883, dove espone Una carovana, soggetto orientalista di facile lettura e gradito al mercato. La sua prima produzione, contraddistinta da un modellato agile e dalla scelta di tematiche leggere che spaziano dall’orientalismo alle scenette di genere, lo accompagna, insieme alla più impegnativa Morte di Antigono, all’Esposizione di Anversa del 1885, dove avviene il cruciale incontro con il pittore e mercante Vittore Grubicy de Dragon, che coglie subito nello scultore quel tratto popolare di «semiselvaggio, di esotico» (Grubicy 1891) e un talento esuberante e sincero. È forse anche la forte amicizia tra i due, testimoniata da un caloroso rapporto epistolare, che conduce Biondi alla piena maturazione stilistica e tematica. La produzione di genere e il lavoro nella fabbrica napoletana di ceramiche Schioppa e Cacciapuoti, verso la fine degli anni Ottanta, si coordinano all’indagine di un verismo di stampo michettiano, concentrato sulla questione sociale e sulla narrazione della vita degli ultimi, vicino alla maniera di Achille D’Orsi: «i miei paesani che prima […] non degnavo neppure d’uno sguardo» (Biondi 1887), compaiono nelle sculture esposte a Roma nel 1893 e nel 1895 Povero Cola e Povera gente. Quest’ultima, premiata a Bruxelles e «rievocazione di miseria» ma anche «verbo dell’artista, dell’uomo […] che sognava il sogno dolce della giustizia umana trionfante su tutto e su tutti: il sogno del socialismo più puro…» (Corradi 1917, p. 469). Poco prima, nel 1891, all’Esposizione Nazionale di Palermo, aveva inviato Baci e Carezze, un piccolo e ironico gruppo di genere in bronzo raffigurante tre maiali che avvicinano teneramente i musi, immersi nel fango, da cui affiora giocosamente il titolo. Soggetto animalier che rappresenta un piacevole diletto, un piccolo intermezzo divertito di sicuro successo commerciale, elaborato da Biondi durante le feste di Natale passate a Morolo nel 1890 e descritto in una lettera a Grubicy come un «gruppetto di porci» (Biondi 1890), eseguiti senza particolari studi in due o tre giorni, come specificherà più tardi a Ojetti. In quegli stessi anni già lavorava al suo assoluto capolavoro: i Saturnali, opera presentata all’Esposizione Universale di Parigi nel 1900 e premiata con il Gran Prix, generando grande risonanza internazionale e dividendo la critica. Un gruppo di figure grandi al vero, frutto di dieci anni di lavoro, rappresentano il mondo alla rovescia dei Saturnalia: un intelligente ritratto della decadenza dei costumi romani nel tardo impero, ma anche riassunto di un «momento umano […] universale, eterno che a distanza si riflette e si ripercuote nel nostro spirito» (Biondi 1899). Opera che trasmette «la poesia, espressione completa di Arte, vera, eterna […]. L’intensa febbrilità del lavoro […] l’estrinsecazione del pensiero fulmineo» (Titano 1900, p. 165).
Elena Lago
Il sito viene aggiornato costantemente con opere inedite dei protagonisti della pittura e della scultura tra Ottocento e Novecento.