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Fausto Pirandello


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Fausto Pirandello

( Roma 1899 - 1975 )

Pittore

    Fausto Pirandello

    Fausto Pirandello, nato a Roma nel 1899, è figlio di Luigi Pirandello e di Maria Antonietta Portolano. Passa la sua infanzia tra Roma e Agrigento e, avviato agli studi classici, inizia a interessarsi contemporaneamente alla pittura. Allo scoppio della guerra, viene richiamato alle armi insieme al fratello Stefano, che verrà mandato al fronte e tornerà solo nel 1918, mentre Fausto, per motivi di salute rimane in Italia. Alla fine del conflitto, si dedica maggiore attenzione allo pratica del disegno e della modellazione e, dietro suggerimento del padre, frequenta lo studio dello scultore Sigismondo Lipinski (1873-1940). Nel 1919, segue le lezioni della Scuola Libera del Nudo.

    Dalla scuola di Carena al soggiorno parigino

    L’inizio degli anni Venti rappresenta la svolta decisiva nella formazione del giovane pittore: fa parte di quel nutrito gruppo di artisti romani che si raccoglie attorno alla figura di Felice Carena (1879-1966), che nel 1922, insieme ad Attilio Selva (1888-1970), decide di aprire una scuola d’arte, molto lontana dai canonici metodi accademici. Tra i primi iscritti compaiono proprio Fausto Pirandello ed Emanuele Cavalli (1904-1981), seguiti poi da Giuseppe Capogrossi (1900-1972) nel 1923.

    La scuola di Carena, tappa davvero cruciale per diversi giovani pittori e scultori, incoraggia gli artisti ad ascoltare i propri mezzi e le personali aspirazioni. In questa precoce fase della produzione di Pirandello si scorgono i primi disegni di ispirazione secessionista, ma anche alcune incisioni di tendenza espressionista e vicina al linguaggio di Paul Cézanne (1839-1906). I suoi germinali lavori a olio, invece, risalgono al 1923 e molti sono frutto dei frequenti soggiorni ad Anticoli Corrado, al seguito del maestro Carena. Le incursioni ad Anticoli si fanno sempre più frequenti, tanto da aprirvi uno studio nel 1924 e da conoscervi la sua futura moglie, la modella anticolana Pompilia d’Aprile. I  dipinti di questa fase rievocano una dimensione vagamente pastorale, ma in una lettura già angosciosa e tormentata, arricchita da una tensione colorisca e disegnativa di grande forza. Le sue figure già sono enigmatiche e contorte, allungate in modo espressivo, elementi che si accentueranno dopo la tappa parigina. Il suo esordio avviene alla III Biennale romana del 1925, mentre l’anno successivo partecipa alla sua prima Biennale veneziana con una Composizione. Nel 1927, compie il suo primo, lungo, soggiorno a Parigi, dove rimane per tre anni, approfondendo Cézanne, ma anche l’Espressionismo di Matisse e il cubismo di Picasso. Nonostante il suo linguaggio pittorico, in questa fase cruciale, sia già formato, risulta fondamentale il legame con gli “Italiens de Paris”, il gruppo di artisti italiani che, difensori della Metafisica dechirichiana, volevano proporre una forte e valida alternativa al Surrealismo di André Breton (1896-1966). Pirandello viene certamente attratto da questo magico e coinvolgente clima artistico e se ne notano gli sviluppi nelle prove della fine degli anni Venti, tra cui quelle presentate nella personale alla Galerie Vildrac di Parigi.

    Il tonalismo e la Scuola romana

    Terminato il soggiorno francese, all’inizio del 1931, l’artista si sposta a Berlino per assistere ad uno spettacolo del padre e, nel frattempo, espone alla Galleria Bakum di Vienna. Rientrato a Roma, tiene una personale alla Galleria di Roma e poi espone alla Mostra del Sindacato Fascista del Lazio del 1932, dove presenta undici opere che, per la prima volta, restituiscono un’idea chiara della sua poetica. Tra le opere esposte, Interno di mattina, è quella che maggiormente è in grado di unire la realtà enigmatica e surreale della scuola parigina alle sue prime e intense ricerche tonali, dove la stesura appare già opaca e nervosa. Tra le altre opere, vi sono Tetti e monti di Roma, Donna e bambino, Agosto a Roma. Alla Biennale veneziana dello stesso anno espone Giornata di scirocco e Figura terzina. Ne segue un successo sempre crescente, dovuto soprattutto alla sperimentazione cromatica, in cui anno dopo anno, la pennellata si fa più materica e quasi ansiosa. Nonostante Fausto Pirandello non abbia partecipato al Manifesto del Primordialismo plastico di Emanuele Cavalli, Giuseppe Capogrossi e Roberto Melli (1885-1958), rimane comunque un nodale protagonista del clima di rinnovamento dell’arte romana nel corso degli anni Trenta.

    Il suo principale contributo al tonalismo della Scuola Romana consiste nella chiave drammatica e personale, estremamente complessa, che viene fuori definitivamente alla Quadriennale del 1935. Nella sua sala personale presenta diciassette opere tra cui, I pastori, Donne sedute, Palestra, Didone abbandonata, Bagnanti e Il bagno. Il grandissimo successo della sala frutta a Pirandello il premio di 10000 lire e gli regala un posto di prim’ordine all’interno del dibattito artistico italiano del tempo, ma anche l’ammirazione di coloro che diventeranno i suoi più fedeli collezionisti, tra cui Corrado Alvaro, Ercole Maselli e Telesio Interlandi.

    I nudi di «sospesa e indefinita drammaticità»

    Il raggiungimento della maturità si ravvisa nella tragicità esistenziale del suo espressionismo, che si fa ancora più viva dopo la morte del padre nel 1936. Figure e nature morte tratte dalla realtà e dalla quotidianità più comune si mescolano a un primordiale arcaismo che ritorna anche nelle opere esposte nel 1938 alla Galleria della Cometa a Roma e nella seconda personale alla Quadriennale romana del 1939. Tra di esse, Siccità, La tempesta, Bagnanti, Sibilla, che mostrano una «singolare tensione espressiva fra terrestri corpose invadenze e lunatiche rarefazioni […] di sospesa e indefinita drammaticità…»[1], descrizione che si adatta alla perfezione anche a Composizione, tavola del 1939, esposta a Milano, in occasione della seconda mostra di Corrente in cui sono protagonisti tre nudi di uomini. Figure di bagnanti che non riportano alla memoria nessun ricordo classicista, al contrario tanto preponderante nelle opere del ritorno all’ordine. Sono infatti figure inquiete, che esprimono tutto l’anti-purismo di Pirandello e che, nella scelta dei toni terrosi e di un tonalismo opaco e sofferto, diventano emblema della resa materica ed espressionista degli incarnati. Il primitivismo vibrante e scabro, la vocazione estremamente fisica delle figure coincidono però anche con un’atmosfera straniante e sospesa, che si riscontra negli sguardi accesi dei due uomini visti frontalmente: «ignudi convulsi – che paiono volersi togliere di dosso […] il peso di un peccato o di un rimorso»[2]. Uomini sulla spiaggia che non appartengono a una idilliaca età dell’oro, ma a una terra che sembra inospitale, afosa, dove «l’assorbimento, lo stupore, direi, della vita fisica, vita di corpi sperticati, poveramente umani, si trasfigurano in surreale spettacolo»[3]. Questa composizione libera, autentica, ritmata e fremente si innesta sul dialogo tra volumi e spazio, in una chiave che viene usata da Pirandello anche negli accostamenti di oggetti, piccoli frammenti di vita quotidiana che, come i nudi sulla spiaggia, svelano una dimensione silenziosa e quasi monocroma, di natura fortemente esistenziale.

    L’interpretazione del nudo è ormai lontana da quella celebrativa e icastica di Novecento, dove eroici atleti si mostravano in tutta la loro potenza ed energia muscolare. In Pirandello, come in altri autori della Scuola Romana, il nudo maschile perde la sua infallibilità spiccatamente classicista e concentra la sua enfasi su atmosfere enigmatiche, sull’ambiguità spaziale e sul continuo e onirico senso di dramma crepuscolare. Una carnalità che ha contribuito a costruire il successo di Pirandello negli anni Quaranta e nel dopoguerra. Tra realismo e sperimentazioni neocubiste, la sua pittura si incanala in nuove ricerche e definizioni, che vengono riassunte nella significativa antologica tenuta dal pittore a Palazzo Barberini nel 1951, con introduzione in catalogo di Fortunato Bellonzi. Le mostre degli anni Cinquanta e Sessanta spaziano dalla Catherine Viviano Gallery di New York alle mostre londinesi della Estorick Collection, fino alla Galleria Gian Ferrari di Milano e la Nuova Pesa di Roma. Nel 1956, riceve la medaglia d’oro come benemerito della cultura e dell’arte dal Presidente della Repubblica. Negli ultimi anni, conduce una vita sempre più appartata, dedicata continuamente alla pittura. Muore a Roma nel 1975.

     

    Elena Lago

    [1] E. Maselli, Mostre romane, in «Le Arti. Rassegna bimestrale dell’arte antica e moderna», XVIII, 1939, pp. 377-378.

    [2] F. Bellonzi, Pirandello, catalogo della mostra, (Roma, Palazzo Barberini), Roma Fondazione Premi Roma per le Arti, 1951, p. 7.

    [3] V. Guzzi, Mostra di Fausto Pirandello, catalogo della mostra (Roma, Sindacato Interprovinciale Fascista Belle Arti –Mostre d’Arte alle Terme, febbraio 1941, p. 5.

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