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Pittore

Federico Gaetano Villa


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Federico Gaetano Villa

( Roma 1837 - Schianno 1907 )

Pittore

    Federico Gaetano Villa

    Scultore lombardo, residente a Milano, modellatore eccellente e genialissimo creatore di simpatici gruppi.

    Fece la sua prima comparsa nel mondo artistico a Milano ove, nel 1872, espose: “Giovane pompeiana”, lodevolissimo busto, al quale tenne dietro un leggiadro putto dal titolo: “Nessun pensiero”, che fino d’allora lo rivelò esperto osservatore delle grazie infantili.

    Alla Mostra di Napoli, del 1877 inviò un bel gruppo in marmo di due figure che intitolò: “La benda d’amore”; una statua in marmo rappresentante: “Pico della Mirandola”, e un busto di “Trasteverina”.

    La critica accolse con lode tali lavori ed egli incoraggiato, esponeva poco tempo dopo un’altra graziosa statuetta in marmo dal titolo: “lnnocenza”, ed una splendida “Baiadera”.

    Fatti in questo frattempo alcuni “Ritratti”, e presentatasi l’occasione della Mostra di Milano, del 1881, espose: “La figlia della nutrice”, bel lavoro rappresentante una bimba contadina che si trova in presenza della sorella di latte e rimane confusa e vergognosa nel trovarsi dinanzi a questa sì bene vestita, essa che ha un cencio di gonnella rattoppata e una camiciola che le scivola giù per il corpo e ne mostra le spalluccie tenere, arsicciate dai raggi del sole.

    Lo scultore fece di questo soggetto una statua graziosa nella quale l’abito campagnuolo gli lasciò campo di sfoggiare la sua abilità nel nudo; modellando assai bene le rotonde gambe e il bel torso che pare vivo come usciente fuori dai panni.

    A Roma, nel 1883, espose: “Tempo buono”, e a Torino, nel 1884: “Non ti scordar di me”, altra pregevole statuetta in marmo.

    Un bel bassorilievo che piacque assai a Torino, a Venezia e ovunque venne esposto, è quello rappresentante: “Le cinque vocali”, bello per assennata disposizione delle figure e per originalità di concetto; e degni di encomio sono pure gli altri suoi lavori: “Piccola nutrice” e “Matelda”.

    Del Villa così scrive un critico nell’Emporio Pittoresco, a proposito del gruppo: “La benda d’amore”:

    «…. L’allegoria si presenta facile e chiara, necessità di ogni opera d’arte ma soprattutto della scultura che non puòdire che una parola, e questa deve sonare tosto alla mente ed al cuore di chi la vede.

    L’Amore, questo eterno Iddio, cui si possono rovesciare gli altari e negare i sacerdoti, ma che sarà sempre il despota del mondo, acceca una fanciulla che ha sottomesso al suo impero.

    E’ una tirannia dolce dolce, che la fanciulla sopporta volentieri: e pare anzi che ella stessa ci vada incontro spintavi dal cuore.

    Giace in terra la freccia la cui punta ha piagato il delicato ed intatto seno e alzandosi in punta di piedi Amore con una benda leggiera le chiude gli occhi.

    Ride il delicato fanciullo col più seducente dei sorrisi e la fanciulla, che si abbandona a lui senza difesa, non sa quanto sia perfido e traditore quel riso.

    Oggi la sorprese la commozione, la vicinanza del dio, i cui ardori sente nel petto, l’immergono in una beatitudine senza confine in un’estasi soavissima, le impediscono di scorgere le spine di quella via ove sarà condotta e che essa crede sparsa solo di olezzanti fiori….

    Molti sogliono dire (e Canova pel primo lo espose) che si è acquistato cogli anni dal lato della ragione, ma a discapito del cuore; questo lavoro invece è improntato di viva espressione di affetto ed i lavori d’arte essendo diretti a parlare alla mente col mezzo dei sensi questi ultimi devono colpire pei primi.

    Oggidì accade spesso che nella pretensione di parlare piuttosto alla ragione i sensi non sono scossi ed il cuore rimane freddo ed inerte, difetto questo che fu invece con molta lode schivato dal Villa».

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