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Pittore

Ferruccio Ferrazzi


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Ferruccio Ferrazzi

( Roma 1891 - 1978 )

Pittore

    Ferruccio Ferrazzi

    Quotazioni Ferruccio Ferrazzi

    I dipinti ad olio su tela hanno una quotazione di media dai 3.000 euro ai 6.000 euro. I piccoli studi ad encausto o ad olio su tavola sono stimati attorno ai 1.500 euro.

    I rari dipinti del periodo futurista o quelli legati al movimento del ritorno all’ordine possono superare i 15.000 euro. Un esempio rappresentativo è il Ritratto di Herta Ottolenghi esposto alla Biennale di Venezia aggiudicato a 19.700 euro nel 2019. La produzione di Ferrazzi è molto vasta e discontinua e queste quotazioni sono solo indicative: per una valutazione precisa e gratuita inviate una fotografia alla Galleria Berardi.

    Biografia

    Ferruccio Ferrazzi, nato a Roma nel 1891, acquisisce i primi rudimenti di disegno dal padre artista, ma tra il 1904 e il 1905 frequenta lo studio del pittore di genere Francesco Bergamini. Negli stessi anni, completa la sua formazione alla Scuola Libera del Nudo, per poi esordire, a soli sedici anni, con un Autoritratto esposto nel 1907 alla Mostra degli Amatori e Cultori, dove due anni dopo presenta La calce, dipinto divisionista.

    Il 1910 è l’anno in cui, molto precoce, partecipa alla sua prima Biennale di Venezia, esponendo Autoritratto Manca il lavoro, opera distruttaIl focolare, rappresentazione pura ed emblematica della genuinità familiare, compare all’Esposizione Internazionale di Roma del 1911 e ottiene un immediato successo di critica, tanto che viene acquistato dalla Galleria Nazionale di Roma. Il linguaggio di Ferrazzi ben presto si indirizza verso un personale espressionismo di carattere simbolico, ben leggibile ne La genitrice, opera esposta alla mostra della Secessione romana del 1913, anch’esso acquisito dalla Galleria Nazionale.

    Vinto il Pensionato Artistico Nazionale, ottiene uno studio in via Ripetta e poco dopo si reca a Parigi al seguito del padre: durante il soggiorno entra in contatto con le propaggini del post Impressionismo e con l’arte di Cézanne che su di lui esercita immediatamente una forte influenza. In questo periodo i suoi dipinti sono intessuti di elementi simbolisti, ma anche di spunti cromatici e compositivi provenienti dall’Espressionismo francese e dal Futurismo.

    La Società degli Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma, nel 1916 gli dedica una personale che Ferrazzi allestisce con grandissima originalità: la sala a forma di prisma, forma che resterà presente in tutta la sua produzione, fa da cornice a tele frammentarie e visionarie, dalle prospettive futuriste, dinamiche e fortemente allegoriche, che non rispettano le sagome delle consuete cornici quadrangolari, ma si adattano a contorni liberi e spezzati, così come le pareti della sala. Dopo aver rinunciato al Pensionato, che non gli permetteva di esporre al pubblico, passa un periodo a Montreux, ospite del suo collezionista, il medico Walter Minnich, dove esegue alcune opere di profondo sapore espressionista, tra cui La tempesta sul lago di Leman.

    Rientrato a Roma e non potendo più usufruire dello studio in via Ripetta, inizia a lavorare nella casa studio di via delle Sette Sale, che era appartenuta al padre. Nel 1918 espone Adele in tre luci alla Mostra d’Arte giovanile della Casina Valadier e nel 1919 prende parte alla Mostra Nazionale del Futurismo a Palazzo Cova di Milano, ma sono le ultimi propaggini del suo individuale approccio al futurismo, infatti dagli anni Venti la sua sperimentazione espressionista ed eclettica si ritrova nella personale del 1921 alla Casa d’Arte Italiana.

    Nel 1922 sposa quella che diventerà la sua musa, Horitia Randone, soggetto di moltissimi suoi dipinti e con cui avrà tre figlie, Fabiola, Metella (Ninetta) e Ilaria. In questi anni, come molti altri artisti che in precedenza erano cresciuti nell’avanguardia, Ferrazzi si fa interprete di un ritorno all’ordine in cui il tormento e il dramma dell’espressionismo nordico si smorzano in una staticità e in un equilibrio di matrice antica: il Trecento di Giotto e di Masaccio si legge nelle figure quasi ieratiche delle donne assorte nei loro pensieri, nel corpi volumetrici, nelle atmosfere silenziose e gravi. Il prima diventa il suo topos distintivo, tanto da autoritrarsi come Lazzaro con un prima in mano nel 1922.

    Nel 1923 partecipa alla Biennale romana con I caratteri della mia famiglia. Il caleidoscopico Idolo del prisma viene esposto all’Exhibition of Italian Art in America del 1925, anno in cui Ferrazzi inizia a frequentare Acqui Terme e la dimora della famiglia Ottolenghi. Arturo Ottolenghi e sua moglie Herta Wedekind avevano acquistato alla Biennale romana del 1923 l’Adolescente e da questo momento in poi Ferrazzi viene accolto, insieme ad altri artisti come Arturo Martini, nella decorazione della loro villa di Monterosso. Tra gli incarichi che gli vengono affidati, spicca la splendida pittura murale del loro Tempietto, opera che inizia Ferrazzi all’affresco e all’encausto, tecniche che poi saranno nel corso degli anni le sue cifre caratteristiche. Per gli Ottolenghi esegue anche il Ritratto di Herta Ottolenghi con il figlio Astolfo nel 1924, ancora una volta inserito in una visione prismatica dove i piani si allungano e si incrociano tra luci radenti e complessi accostamenti tonali.

    Nel 1926 espone a New York numerose opere tra cui Viaggio tragico e ottiene il premio Carnegie di Pittsburgh con Horitia e Fabiola. Da questo momento in poi diviene uno degli autori più apprezzati della rassegna americana, cui parteciperà per molti altri anni.

    Ma è con la pittura murale che si svela la vera anima classicista dell’artista: le imponenti corporature masaccesche vengono inserite in architetture quattrocentesche; elementi questi che si uniscono armonicamente a caratteristiche ereditate dal muralista messicano Diego Rivera, ma anche dalla staticità di Mario Sironi. Galileo e L’Aurora che sorge dal mare sono invece le decorazioni murali che Ferruccio Ferrazzi realizza per la sala di scienze dell’Università di Padova e ancora, nel Palazzo di Giustizia a Milano esegue ad encausto la Clemenza di Traiano Daniele nella fossa dei leoni.

    Il richiamo ad un passato classico e statuario è presente in ognuno di questi imponenti e maestosi cicli, con tutta la sapienza di un maestro antico. Tutto ciò si unisce ad un carattere visionario e immaginifico senza eguali in Italia, che si riflette anche nelle sue opere non murali, tra cui il Viaggio tragico. Alla Personale presso la Quadriennale romana del 1931 presenta molte opere tra cui oli, disegni, affreschi ed encausti come L’angelo e lo spiritoMia sorella AdelePietàAniene a TivoliDonne di notteI MammellariHoritiaLa signora Ottolenghi. Due anni prima, aveva ottenuto la cattedra di Decorazione murale all’Accademia di Belle Arti di Roma, insegnando alla generazione di artisti che confluirà poi nella Scuola Romana.

    Nel 1933 viene eletto Accademico d’Italia, stesso anno in cui trasferisce il suo studio in piazza delle Muse ai Parioli Continua a lavorare instancabilmente per tutti gli anni Quaranta e Cinquanta (nel 1954 termina il mosaico dell’Apocalisse nel Mausoleo Ottolenghi ad Acqui), trasferendosi poi negli ultimi anni nella sua casa all’Argentario. Muore a Roma nel 1978.

    Elena Lago

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