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Pittore

Filippo Palizzi


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Filippo Palizzi

( Vasto 1818 - 1899 )

Pittore

    Filippo Palizzi

    Quotazioni di Filippo Palizzi

    Gli oli su tela di Filippo Palizzi sono quotati in media tra i 9.000 euro e i 20.000 euro a seconda del soggetto e delle dimensioni. I grandi capolavori possono anche superare queste cifre e arrivare a 30.000 euro, anche se negli ultimi anni l’autore è meno ricercato sul mercato, nonostante sia stato, insieme ai fratelli, il padre del verismo in Italia. Gli acquerelli vanno dai 900 euro ai e i 2.500 euro circa.

    Queste indicate sono solo stime generali: molti fattori contribuiscono alla valutazione di un’opera e per Palizzi è necessario fare attenzione alle numerose copie non autografe che girano sul mercato. Raccomandiamo di inviarci una foto della vostra opera per ricevere una stima accurata e ad hoc.

    Biografia

    Filippo Palizzi nasce a Vasto nel 1818. Dopo aver cominciato a comporre i primi paesaggi con figure, raggiunge il fratello Giuseppe a Napoli nel 1837. Inizialmente si iscrive al Reale Istituto di Belle Arti e segue le lezioni di Gabriele Smargiassi (1798-1882), ma insofferente all’ambiente accademico ufficiale, decide di abbandonare i corsi e di entrare nella Scuola libera di Giuseppe Bonolis (1800-1851).

    I primi studi dal vero di animali

    Comincia a specializzarsi come il fratello nella realizzazione di studi dal vero di animali, posizionandosi nei primi posti a diversi concorsi: nel 1839 alla Biennale Borbonica presenta il dipinto Studi di animali grazie a cui vince la medaglia d’argento e comincia a farsi conoscere tra i collezionisti, infatti viene comprato dalla duchessa di Berry. Diventa quindi protagonista di un analitica pittura di verità che ritrae i momenti salienti della quotidianità rurale, tra costumi tradizionali, animali, pastori e contadini, come si nota in Maggio, acquistato dal re Francesco I.

    Intraprende prima un viaggio in Basilicata per studiare le usanze della popolazione locale, poi nel 1842 decide di seguire il principe Maronsiin in Moldavia e da lì fare un viaggio nell’est, raggiungendo anche Istanbul e La Valletta. Questa avventura rimane estremamente importante per Filippo, perché tiene diversi taccuini con schizzi delle impressioni di viaggio o con ritratti dei membri della nobiltà di cui è al seguito. Nel 1844 ritorna in Italia, quando il fratello Giuseppe sta per partire per la Francia: è da questo momento in poi che i due si terranno in contatto attraverso un fitto rapporto epistolare che permetterà ad entrambi di sviluppare il proprio stile tramite lo scambio di esperienze e delle novità apprese.

    Il viaggio a Parigi e la Scuola di Barbizon

    Si reca tutte le estati alla fine degli anni Quaranta a Cava dei Tirreni. Qui si esercita costantemente negli studi dal vero delle campagne circostanti, affinando sempre di più il suo stile semplice ma preciso e minuzioso. Nel frattempo partecipa al clima rivoluzionario dei moti del ’48 realizzando anche il Ritratto di Garibaldi a Cavallo. Il ritorno di Giuseppe nel 1854 permette a Filippo aggiornarsi sui progressi della pittura francese ed in particolare della Scuola di Barbizon, per questo decide egli stesso di intraprendere un viaggio a Parigi nel 1855 e con l’occasione visitare l’Esposizione Universale.

    Le novità apprese in viaggio e dal fratello si fanno subito strada nella sua pittura sotto forma di ricerche nel campo della modulazione della luce e del colore, in una più sciolta aderenza alla realtà.

    Il padre del verismo italiano

    Pur continuando sulla strada della narrazione analitica, lo studio atmosferico della luce e la vera intuizione naturalista emergono dai dipinti chiave della carriera palizziana, come Lavandaie di Sarno e Dopo il diluvio, famoso capolavoro voluto dal re Vittorio Emanuele, frutto di lunghissimi studi nel corso degli anni. Con il tempo, gli studi sul vero di Palizzi si affinano sempre di più, facendo sì che la sua pittura sia, insieme a quella del fratello, capostipite del realismo non solo meridionale, ma anche toscano.

    Nel 1878 contribuisce alla creazione del Museo Artistico Industriale di cui diventa direttore nel 1880: questa carica lo impegna principalmente nella formulazione di programmi innovativi che si basino su una pittura moderna e verista, anche nella decorazione della ceramica di cui era un abile conoscitore sin dai tempi della formazione a Vasto.

    I dipinti, gli schizzi, le incisioni e il resto della sua importante produzione è divisa tra collezioni private e pubbliche sia italiane che straniere. Nel 1892 già anziano, Palizzi stesso dona trecento studi alla Galleria Nazionale di Roma ideandone anche l’allestimento sulle pareti, di cui abbiamo testimonianza da un disegno conservato a Napoli nelle Gallerie dell’Accademia. A quest’ultima, dona un’altra serie di opere, come anche al Museo civico di Vasto, la sua città natale. Muore a Napoli nel 1899.

    Elena Lago

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