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Scultore

Messina Francesco


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Messina Francesco

( Linguaglossa, Messina 1900 - Milano 1995 )

Scultore

    Messina Francesco

    Francesco Messina, nato in Sicilia ma trapiantato a Genova in fasce, si è formato nella nostra città ed ha esposto, tra il 1915 e il 1920, le sue prime opere alle mostre genovesi. La critica cominciò a notarlo alla Biennale Napoletana del 1921 e lo segui, quindi, con crescente interesse, nelle più importanti esposizioni italiane: da Roma a Milano; alle Biennali di Venezia (1922-24-26); alla recente prima Mostra del Novecento Italiano.

    Nelle opere comprese in questo ciclo la vivacità del suo temperamento di scultore si rivelò in una ansiosa ricerca formale che gli faceva desiderare ed esaurire, nel giro di pochi anni, alcune esperienze perfettamente coordinate, ma ricche di una fertile e sostanziale varietà. La fantasia non si manifestava in lui solamente per invenzioni di soggetti, ma per trovate veramente plastiche; nelle forme, cioè, più seriamente espressive: qualità fondamentale del suo ingegno questa, che ritroviamo, coscientemente potenziata, nelle audaci e conclusive opere della sua nuova produzione.

    Il pubblico lo conosce, finora, per i suoi marmi politi, nitidamente profilati, ben levigati sull’esempio di Wildt; fra i quali ricordiamo specialmente la Vittoria e la Vergineesposte a Venezia nel 1924; 1’Ofelia morta che da prima fusa in bronzo (Gall. d’Arte Moderna di Genova) trovò poi nel marmo la sua perfetta materia (Brera 1924, Monza 1925, ora nella Collezione Borletti).

    La preziosità di superficie di tali opere ed un’austera unità lineare non priva di morbidezza diedero la norma alla figura del Cristo Risorto che il Messina, vincendo un concorso, esegui per la Cappella dei Suffragi nel Cimitero di Staglieno, genialmente intonandosi al neo-classicismo della sede, senza Subirne lo squallido rigore, anzi ravvivandolo.

    A questi marmi si possono ancora ricollegare alcuni bronzi: l’autoritratto (II Biennale Romana poi Mostra del Novecento, ora nella collezione del Marchese Gian Andrea Ponti); il ritratto Descovich (II Biennale Romana): la Pietà (Venezia 1926) vi aggiunge nel bambino morto, una nota crudamente realistica. Attorno a questo gruppo della Pietà — che rappresenta, più che un punto di transizione della sua arte, il primo tentativo del Messina di uscire dalle forme usate per una ricerca di maggiore verità pur senza abbandonare la sua certezza formale — in questa Mostra Personale egli riunisce oggi tutta una serie di opere nuove, non mai esposte, sconosciute e forse imprevedute anche da coloro che seguono la sua attività con vigile interesse.

    Si tratta di figure isolate ed a coppie, veri piccoli monumenti densi di moti nella loro sicura staticità, compiuti per la composizione serrata e per l’unità lineare. L’anatomia realistica vi è più di una volta non già trascurata ma a bella posta costretta o violentata per non fare ingombro a più intime emotività; plasticamente, forti giuochi di volumi vi si sposano a decise soluzioni chiaroscurali che sfidano e superano le difficoltà rappresentative.

    Elementi pittorici non superficiali ambientano spesso queste figure come a dare altri riflessi, anche coloristici, alla silenziosa e definita commozione che in essi domina. A chiunque conosca quali sono le migliori tendenze dell’attuale arte europea e si renda conto della loro coerenza con le principali intuizioni e coi principali atteggiamenti dello spirito moderno, la modernità di questa scultura apparisce perfetta, intrinseca, liricamente aderente alla sensibilità del nostro tempo.

    Anti-accademia, disprezzo assoluto per le facili e volgari eleganze formali, malinconia anche nel sorriso, ironia anche nella malinconia, affratellano questa scultura alle più originali creazioni poetiche d’oggidì; mentre la passione vitale, soggiogata nell’immobilità, impetrita nei volumi, urge ugualmente in modo irrefrenabile nelle storie d’amore qui disegnate, ora delicatamente, ora in forme che possono apparire beffarde.

    Per l’arte corre oggi un momento di profonda bellezza; un’ansia di rinnovamento e di liberazione sostanziale che lo scetticismo di tanto pubblico non riuscirà a soffocare: in tale momento il Messina, coi suoi coraggiosi ventisei anni, si e scelto un posto di dura battaglia, di sentinella avanzata. Tutto fa prevedere che egli sarà fra i più vittoriosi.

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