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Pittore

Francesco Paolo Michetti


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Francesco Paolo Michetti

( Tocco di Casauria 1851 – Francavilla al Mare 1929 )

Pittore

    Francesco Paolo Michetti

    Quotazioni Francesco Paolo Michetti

    I piccoli dipinti ad olio su tavola del primo periodo cosiddetto Goupil hanno una quotazione a partire dai 10.000 euro.

    Record di questa produzione è un olio su tela di oltre 2 metri aggiudicato a 170.000 euro nel 2022. La produzione successiva ha meno interesse e oscilla tra i 5.000 euro e i 15.000 euro.

    I dipinti in bianco e nero successivi al 1890 hanno un interesse minore: attorno ai 1.000 – 2.000 euro circa. I lavori a pastello hanno una valutazione tra i 1.500 euro e i 3.000 euro se paesaggi, superiori se figure.

    Ovviamente contattate la galleria per una stima precisa: numerosi possono essere i fattori che influiscono sul valore di un’opera e queste stime sono solo indicative.

    Biografia

    Già dal 1868 si trasferì a Napoli per studiare sotto la guida di Domenico Morelli e di Filippo Palizzi. Grazie a Dalbono entrò in contatto con la scuola di Portici e superò in tal modo l’eccessiva analisi di Palizzi. La prima produzione, sostenuta dai fratelli Rotondo, è dedicata a soggetti agresti con pastorelli e animali. Il contatto con de Nittis avvenuto a Portici gli permette di entrare in contatto con i mercanti internazionali. Nel 1872 esordì al Salon di parigi con grande successo.

    Nel 1877 raggiunse la fama con La processione del Corpus Domini, un dipinto che al soggetto costumbrista univa una tecnica innovativa, risolta con una tavolozza luminosa e con un tocco vibrante, debiti evidenti dell’esempio di Fortuny. Nel 1883 inviò a Roma Il voto, opera caravaggesca e anti graziosa, con la quale testimonia un mutamento di interessi. Non più la pittura commerciale ma lo studio sociale della gente abruzzese. Nel 1895 a Venezia presentà La figlia di Iorio (Pescara, Palazzo Provinciale), dipinto che rivela la raggiunta maturità per sintesi e ordine formale.

    Nel 1900 all’esposizione internazionale di Parigi inviò Gli storpi e Le serpi (Francavilla al Mare, Municipio) ed in seguito si interessò più alla fotografia e ad una pittura quasi monocroma. Scheda: L’opera, raffigurante lo scherno di alcuni uomini al passaggio di due donne portatrici d’acqua, costituisce un’idea per La figlia di Jorio, uno dei cicli più celebri sviluppati da Michetti, dedicato al tema del rapporto fra i due sessi nella società contadina.

    A partire dalla metà degli anni Settanta l’artista comincia ad affiancare alla soggettistica pastorale la rappresentazione dei principali momenti della tradizione abruzzese – matrimoni, feste, funerali, processioni – nonché dei drammi umani intesi nel loro valore universale.

    Lo interessano le leggi primarie sottese alla vita degli uomini, perché, come scrive d’Annunzio, che con Michetti condivide la medesima ricerca, dando nel 1903 alle stampe la sua Figlia di Jorio, “L’uomo primitivo, nella natura immutabile, parla il linguaggio delle passioni elementari” (Lettera di d’Annunzio a Francesco Paolo Michetti, 31 agosto 1903, in Sillani 1932, p. 113). La figlia di Jorio impegna Michetti per un lunghissimo arco di tempo: un primo studio data al 1879; una tela viene presentata all’Esposizione di Milano del 1881, mentre una nuova versione viene esposta con successo alla Biennale veneziana del 1895.

    In quest’arco temporale si collocano una vasta serie di bozzetti e di opere finite, che, pur nelle diverse soluzioni, appaiono connesse tra di loro da una serie di rispondenze di tipo iconografico e compositivo.

    Ricorrono una serie di espedienti rappresentativi: gli uomini appoggiati all’albero, le pose spavalde a gambe divaricate, il passaggio della donna, che, in tutti i casi, incede altera e solenne, indifferente al dileggio e portatrice di una fierezza antica. Come scrive Ettore Janni, “Nella mente geniale dell’artista La figlia di Iorio non era soltanto un quadro: era un poema di cui una serie di quadri dovevano essere i canti, un poema di passione, di peccato, di odio, come una leggenda nella cui semplicità grandiosa stesse la tragedia di una vita, attraverso l’Abruzzo estetico e spirituale” (Janni 1914).

    Notevole, in quest’opera, la fattura pittorica: se negli anni Settanta, sotto lo stimolo di Mariano Fortuny, l’artista aveva messo a punto quella maniera, così apprezzata nella scena internazionale, che, alternando con disinvoltura parti finite e non finite, rappresentava una sorta di vorace presa di possesso della realtà nella singolarità di ogni sensazione ottica, sempre più nel corso degli anni Ottanta il colore, ridotto ai toni bassi della tavolozza, tende, anche sulla scorta di suggestioni nipponiche, a liberarsi in larghe e sintetiche sciabolate di forte valore astraente.

    È con questa ricerca sperimentale, in cui si manifesta evidente l’urgenza di andare oltre la realtà del visibile per captarne la sostanza immutabile, che Michetti varcherà le soglie del nuovo secolo, sviluppando, indifferente al successo, una modernissima autonomia di visione.

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    Opere di Francesco Paolo Michetti


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