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Podesti Francesco
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Podesti Francesco
Pittore marchigiano, nato ad Ancona studiò a Roma a S. Luca e mostrò ben presto il proprio valore con i quadri “Dante e Virgilio all’Inferno”; “L’Assunta”; “I briganti di Sonnino”, ed altri. Fece quindi un quadro per la cattedrale di Ancona, poi le tele: “Giotto e Dante”; il “Martirio da Santa Dorotea” e “Osostros che ferito a morte scrive col proprio sangue una lettera alla madre”.
Di quest’ultimo quadro, di cui l’originale fu acquistato da una signora inglese ne fece anche una replica incompleta che regalava ad un amico. Dopo, ideò disegnò e dipinse un quadro a grandi proporzioni: “Tasso che legge la sua Gerusalemme alla Corte di Ferrara”. Questa tela, egregio lavoro per la espressione e distribuzione delle figure, per lo sfarzo dei costumi e dei colori, fu acquistata dal principe Alessandro Torlonia.
Il Podesti ne fece anche, introducendovi alcune varianti, una replica per il principe di Galitzin, e un’altra per il conte Paolo Tosi di Brescia. Dipinse poi, per commissione di un signore milanese, certo Cavezali: “Raffaello nel proprio studio che dipinge la Madonna di San Luca”, presente la Fornarina che gli fà da modello mentre entra a visitare l’artista monsignor Bembo e il committente Bussolante; quadro che fu accolto con un entusiasmo a Milano, dove veniva esposto a Brera. Lieto del successo ottenuto, il Podesti si portava nuovamente a Milano, dove condusse dipinti di minor entità.
Per via si fermò a Parma qualche giorno, ove ricambiando l’ospitalità di un amico, dipingeva lì per lì e gli regalava un quadretto fantastico: “Ila rapita dalle Ninfe”. A Milano lavorò di nuovo per la casa Busca, dipingendovi a fresco in un gabinetto “Il mito di Psiche”. Tornato a Roma, negli anni 1835 e 1836, condusse gli affreschi che si ammirano nel palazzo Torlonia, in piazza Venezia; nella galleria al primo piano: “I fasti degli Dei”; nel secondo piano: “Il mito di Diana”. Alternativamente a questi affreschi eseguiva il quadro di carattere: “Le mendicanti”, quadro bruciatosi poi nella dogana di Amburgo, e di cui non resta che una piccola replica eseguita pel re di Napoli.
Più tardi dipinse un altro quadro che fu nuova conferma alla fama dell’artista: “Una scena del Decamerone”. Il marchese Ala Ponzoni, committente del “Decamerone”, ne fu così soddisfatto, che volle ricompensare il pittore con un terzo di più del prezzo convenuto. Del “Decamerone” fece una replica per il sig. Giacomelli di Treviso. Per lo stesso marchese Ponzoni dipinse anche “Il Ratto di Proserpina e “Il Ratto di Europa”: soggetti replicati poi per il marchese Antonio Busca. Anche per un signore inglese replicò il “Ratto di Europa”. Indi dipinse per un banchiere di Milano “La toeletta di Venere”; poi “Il giudizio di Paride”, per un inglese.
Di questi piccoli lavori fecero per proprio conto delle copie vari suoi allievi. Per la cattedrale di Chiari dipinse una tela: “I Santi Faustino e Giovita”; per l’Accademia del Messico L”‘Angelo di giustizia”, per commissione di Re Carlo Alberto eseguiva il “Giudizio di Salomone”, quadro che gli guadagnò la croce del merito civile di Savoia, la cittadinanza piemontese conferitagli dal Re e l’offerta, che l’artista declinò, perchè ansioso di ritornare a Roma, di professore alla R. Accademia Albertina.
Del “Giudizio di Salomone” fece una piccola replica per suo ricordo; fece poi una breve tavola per la chiesa del Gesù in Roma, dipingendovi un “San Giuseppe”. Lavora poi il gran quadro: “Il martirio di Santo Stefano” per la Basilica Ostiense; ed ebbe elogi infiniti. Pio IX lo insigniva dell’ordine di San Silvestro.
Per la beatificazione del padre Geronimo dipinse una tela di cui trassero poi varie repliche, e a modo loro, altri pittori. In seguito trattò il grandioso soggetto, palpitante di un sublime amor di patria: “Gli anconetani che giurano sulla bandiera di difendere fino all’ultimo la città assediata da Barbarossa”, questo quadro, esposto prima a Londra, poi a Parigi, veniva in entrambe premiato. A Londra ebbe il primo premio fissato, che era una medaglia di bronzo: alla grande Esposizione di Parigi ottenne la prima medaglia d’oro.
La città d’Ancona poi, a cui era destinato, rese all’artista anconetano onori segnalati. Di quel soggetto, cara memoria della sua terra, ne fece una replica in piccolo con varianti che tiene presso di sè. Dopo, per commissione di un inglese, dipinse a olio la “Nascita di Venere”, e lo stesso soggetto, dipinse a fresco pel marchese Busca sulle volte della sua camera da letto. In un’altra sala del palazzo Busca sceneggiò la “Danza delle Ore guidate dal Tempo” raffigurate in un genietto.
Poi dipinse: “Lot che con le figlie fugge da Sodoma”, quadro che fu rubato in un saccheggio d’Austriaci nella villa presso Bologna, villa dell’amico a cui il pittore l’avea regalato. Pel conte di Castelbarco fece, in figure più grandi del vero: “Davide che suona l’arpa e Micol al suo fianco, che lo inspira”. Una replica del “Davide” fu acquistata da un generale russo insieme ad altro quadretto: “Psiche recata in cielo da Zaffiri”.
Dipinse per il principe di Sant’Antimo di Napoli: “Benvenuto Cellini visitato nella sua officina da Francesco I, colla Regina e corteggio”. Pel duca Scotti di Milano, “Una cena della vita di Pio II”. Per la vedova Maria Cristina una tela rappresentante: “Enrico II, che ferito a morte da Montgomery, in un torneo, congiunge prima di morire sua sorella Margherita con Emanuele Filiberto”. Per la chiesa di Santa Rosa in Viterbo fece il quadro della “Santa” circondata da Cherubini. Per il banchiere Rotschild: “Bacco che ritrova addormentata Arianna”.
Per il medesimo banchiere fece anche: “La disfida di Marzia e Apollo”. Per il re Ferdinando di Napoli dipinse “Ludovico il Moro” che in presenza di prelati e dame osserva il bozzetto del Cenacolo di Leonardo da Vinci. Per questo dipinto (ora nel palazzo reale di Napoli) il re gli conferiva la croce di Ferdinando I. Fece una “Sacra Famiglia” su tavola, acquistata da un signore messicano. Per una chiesa di Boston “Un crocifisso fra due angeli piangenti” e anche la “Gloria del Salvatore”; questo lo trasse in parte dal gran quadro: “Il Martirio di Santo Stefano”; e una “Nostra donna col divino infante”, per nicchia.
Di questa ne fece due repliche che donava l’una al marchese del Monte, l’altra a Oreste Tommasini. Fece pure un disco: “Diana che visita notturnamente Endimione”. Sopra una tavola dipinse poi “La strage degli innocenti” a chiaro scuro. Inspirato dall’affetto paterno dipinse anche: “Caro ricordo del cuore”, i “Ritratti per medaglioni” dei suoi due bambini perduti; li miniò su laminette tonde di rame del diametro di quaranta millimetri. In seguito fece: “Le virtù teologali con teste di Serafini” per la mensa dell’altar maggiore della Minerva; e per una signora di Ravenna: il “Transito di San Giuseppe”.
Una delle principali sue opere, che ha una importanza non solo pel valore del pennello ma pel fatto che ricorda e per essere collocata vicino alle Stanze di Raffaello in Vaticano, è la grande sala della Concezione. Così la parete, che rappresenta il sacro Sinedrio, come le altre scene allusive sono affreschi del Podesti; in essi si vedono centinaia di figure, ed i ritratti dei più notevoli prelati e dignitari che ebbero parte a quel Concilio, tutti presi dal vero.
Il Podesti fece anche dei piccoli affreschi nella Confessione di Santa Maria Maggiore. Per la chiesa di San Paolo fuori le mura dipinse pure a fresco, a grandi proporzioni, “Paolo battezzato da Anania”, e “Anania che restituisce la visita al Santo”. Fece una “Immacolata” per il principe di Galizia. Per la santificazione di “Maria Alacoque” dipinse il “Gesù” e la detta Santa che sta nella sala attigua a quella della Concezione in Vaticano. Una piccola tavola “L’Immacolata” regalava al cardinale Antonelli e un’altra in tela donava a Pio IX.
Fece anche un “Beato Geronimo” nell’atto che predica, ordinatogli dalla Compagnia di Gesù. Non solo i ritrattini dei suoi figli, ma il monumento sepolcrale della propria famiglia è opera di mano del Podesti. Dapprima la tomba dei suoi cari era a Santa Maria Sopra Minerva; trasportata poi a Campo Verano, il Podesti vi eresse un ricco monumento, facendo tutto da sè, da architetto, da pittore, da scultore.
Per un signore di Fano dipinse quattro quadri rappresentanti: “L’Angelo nella casa di Tobia”; la “Rut”; il “Giobbe” e la “Riconciliazione di Esaù e Giacobbe”. Per la nuova chiesa di Porto Maurizio dipinse “Il martirio di San Sebastiano”, quadro che fu esposto con pieno successo all’Esposizione romana di Termini. In quell’occasione Pio IX decorava l’artista della commenda di San Gregorio Magno. Fece anche un quadretto in forma ovale: “Astolfo sull’Ippogrifo che libera dal mostro Angelica”. E’ notevole un altro suo dipinto eseguito per il signor Franceschini: “La Vergine con il bambino”.
Da questo lavoro, fatto nello stile del 500, spira un ineffabile candore e una semplicità che ricorda il sentimento religioso degli artisti della scuola Umbra. Per una chiesa alla Cattolica dipinse un “San Rocco”, un “San Francesco d’Assisi”, “La Vergine e San Bernardo” e una mezzafigura della “Addolorata”. Per una chiesa del Chilì fece una “Trinità” con gli emblemi degli evangelisti.
Per un signore anconetano fece “Stamura nell’atto d’incendiare la macchina di guerra de’ nemici assediati”. Dipinse anche una “Pia de’ Tolomei”, e incominciò, ma non condusse a fine una scena del ‘Paradiso Perduto’ di Milton: “Adamo ed Eva nell’Eden liberati dall’angelo” e un’altra, tratta da Moore: “L’amore degli angeli”.
E’ suo anche l’affresco sulla tomba del banchiere Tommasini, al camposanto di Roma. Ultimamente in età di ottant’anni, condusse in soli due mesi gli affreschi nella chiesa del Santo Sagramento in Ancona. In questa circostanza gli anconetani diedero le più gradite testimonianze al loro concittadino. La via dove nacque fu, per deliberazione municipale, battezzata ‘Via Podesti’. Già anni addietro era stato ascritto con decreto convalidato da Pio IX, nel ceto dei Patrizi anconetani.
Il Podesti è stato presidente dell’accademia dei Virtuosi del Pantheon, e dell’accademia letteraria Tiberina; è professore onorario di molte Accademie d’Italia e dell’estero, ed è fregiato della commenda messicana della Guadalupa, conferita or sono molti anni all’illustre artista dall’imperatore Massimiliano.
Il sito viene aggiornato costantemente con opere inedite dei protagonisti della pittura e della scultura tra Ottocento e Novecento.