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Franz (Francesco) Knebel
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Franz (Francesco) Knebel
Se per Christoffer Wilhelm Eckersberg e per tanti dei suoi colleghi a Roma era “[…] quasi impossibile
astenersi dalla pittura di paesaggio”, colpisce in tal senso il 1 punto d’osservazione che da Monte Mario si
affaccia sulle Mura Aureliane verso l’ansa del Tevere, lasciando incorniciare la città dai Monti Albani in
lontananza.
Certamente non un’angolazione fra le più reiterate, la scelta di racchiudere la Città Eterna
catturandone l’identità visuale quale si offre dalle macchie arboree nei pressi di Villa Mellini – oggi
osservatorio astronomico – doveva certamente offrire un’interessante sfida concettuale per il pittore di
paesaggio attorno ai secoli XVIII e XIX. Laddove l’ampio respiro topografico convive infatti con una varietà
botanica assai rigogliosa, Monte Mario rappresenta un punto d’osservazione saliente per lo spirito paesista di
stampo illuministico, teso nella ricerca dell’identità ontologica del dato reale, quanto per il romantico
inseguimento del frammento fenomenologico.
Nella sfida si sono ugualmente cimentati i Giovan Paolo
Pannini, i Jakob Phliip Hackert e i Giovanni Battista Lusieri, quanto i William Mallord Turner, i Franz
Knebel, i Salomon Corrodi; non Gustaf Wilhelm Palm, a cui è stata fino ad oggi erroneamente attribuita la
tela in esame. Le fonti oggi in nostro possesso ci permettono invece di affermare che con ogni probabilità lo
svedese non ha mai praticato il soggetto.
La lacuna è attestata dal corposo archivio del Nationalmuseum di
Stoccolma – comprendente più di 1600 fra disegni, acquerelli e dipinti, in gran parte eseguiti in Italia – e dal
registro di lavoro compilato personalmente dall’artista per gran parte della sua vita e oggi in custodia presso
la Kungliga Akademien för de Fria Konsterna, sempre nella capitale scandinava. L’opera in esame viene qui
invece attribuita al già nominato Knebel, autore di una veduta firmata e datata 1854, già vista in asta presso
Bonhams London nel marzo 2017 (lotto 14) e chiaramente accostabile alla presente.
Al di là delle dimensioni
(di pochi centimetri più piccola la tela di Londra), le differenze sono davvero minime: se, come analizzeremo
presto nel dettaglio, l’impianto prospettico-topografico è evidentemente lo stesso, le variazioni si
concentrano nel primo piano, dove Knebel ha operato delle variazioni piuttosto sostanziali nelle scene
narrative con personaggi, nella vegetazione e nella temperatura cromatica, fattore quest’ultimo dal quale è
facile desumere la volontà di ritrarre la scena in condizioni di luce specifiche. Dal confronto fra le due opere
emerge in tal senso la smaliziata capacità di Knebel nel restituire differenti variazioni meteorologiche,
aspetto che possiamo qui appurare dai riverberi cromatici sui palazzi di Roma attraverso una resa formale
assai convincente.
La dialettica stilistica evocata dalla “sfida” Monte Mario rappresenta un prodromo ideale per introdurre
l’identità artistica del nostro autore. Nato in Svizzera nel 1809, appena dodicenne Charles-François (Franz)
Knebel si trasferisce a Roma dal cugino pittore Franz Keisermann, che nella capitale aveva una fiorente
1 Lettera di C. W. Eckersberg a J. F. Clemens, 23 luglio 1814, cit. in Meddelelser fra Thorvaldsens Museum, a cura di Henrik
Bramsen, Hannemarie Ragn Jensen, Copenhagen 1973, p. 57.
bottega dove, fra gli altri, ha a lungo lavorato Bartolomeo Pinelli. Come quest’ultimo, Knebel si avvicina al
mestiere dipingendo figurini negli acquerelli del capo bottega, che già dal 1823 decide di adottarlo
inaugurando un rapporto familiare più stretto che sarà costellato di incomprensioni fino alla definitiva rottura
avvenuta nel 1830.
Il giovane Franz aveva infatti deciso di sposarsi con una donna romana più grande e assai
meno abbiente di lui, fattore che Keisermann non approvò mai. Un ruolo nel dissidio dovette sicuramente
rivestirlo la corposa eredità che l’anziano padre adottivo intendeva lasciare a Knebel, patrimonio che al
momento della sua morte nel 1833 includeva il sontuoso appartamento-bottega in piazza di Spagna 31,
nonché un vasto lascito di opere di Pinelli e dello stesso Keisermann, fondo parzialmente messo in vendita
dal beneficiario poco dopo il decesso.
Doveva dunque essere ben noto a Knebel un qualche stadio creativo legato all’acquerello di Keisermann del
1819 visto in mostra nel 2001 a Roma, piuttosto che all’elegante 2 disegno preparatorio presentato da Fabio
Benzi nel 2007 e datato 1800-1803.3 Keisermann era solito esercitare un’applicazione maniacale nella scelta
del punto di vista e nella conseguente fase di definizione dell’impianto lineare. Una volta estratta l’essenza
formale del panorama, l’artista poteva quindi ripetere e variare il soggetto a piacimento in virtù appunto di
quel processo demiurgico che definisce il risultato assoluto di quella concettualizzazione e quindi della sua
riproducibilità.
Possiamo appurare invece lo sfoggio di strumenti espressivi antitetici a tale visione messi in atto da Knebel
nella tela in oggetto. Come è facile afferrare partendo dalle scene in primo piano, l’occasione feriale viene
sottolineata, anziché essere emendata, proprio per preservare la traspirazione, la porosità fra il largo afflato
della veduta e la minuteria dell’aneddoto. Si insegue proprio la consustanzialità fra l’assoluto e il transeunte
per assotigliarne i rapporti gerarchici, una diluizione che sembra voler essere suggerita già a partire dal taglio
orizzontale della tela.
Assumerebbe dunque corpo sotto questa luce la suggestiva tensione fra l’archetipo
della silhouette tracciata da Keisermann ad inizio secolo e la romantica parafrasi di Knebel di diversi decenni
successiva, un’eresia che, un po’ come tutta la pittura di paesaggio che circolava a Roma in quegli anni,
avrebbe probabilmente sdegnato il maestro.
A tal proposito, non disponiamo di elementi importanti che delineino una datazione precisa. Un terminus
ante quem è offerto da Thomas Henry Cooke, il quale nel suo “An Historical and Descriptive Guide to
Warwick Castle, Kenilworth Castle, Guy’s Cliff, Stoneleigh Abbey, the Beauchamp Chapel and other places
of interest in the neighborhood” del 1847, notava nel palazzo di Guy’s Cliff nei pressi di Warwick la
presenza di una veduta di Monte Mario non incorniciata ad opera di Franz Knebel.4 Alla luce della datazione
offerta dalla citata tela gemella londinese, l’ipotesi più plausibile ci porta quindi a contestualizzare l’opera in
esame a cavallo fra la metà del quinto e del sesto decennio del XIX secolo.
2 La campagna Romana da Hackert a Balla, catalogo della mostra, 2001-2001, a cura di P. A. De Rosa, P. E Trastulli, Roma 2001,
tav. II, cat. 2, p. 205.
3 Franz Kesiermann. Un paesaggista neoclassico a Roma e la sua bottega, catalogo della mostra, 2007, a cura di F. Benzi, F. Leone,
Roma 2007, cat. 43, pp. 10,11, 81.
4 H. T. Cooke, An historical and descriptive guide to Warwick castle, Beauchamp chapel, Kenilworth castle, Guy’s cliff, Stoneleigh
abbey, Charlecote Hall, Stratford, Coombe abbey, and all other places of interest in the neighbourhood, Warwick 1847, p. 156.
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