Hai cercato
Pittore
Gaetano Gigante
Sei interessato alla vendita o all'acquisto delle sue opere?
Acquistiamo opere di questo artista
e di altri pittori e scultori dal XVI secolo sino alla prima metà del XX secolo
La galleria Berardi offre un servizio gratuito e senza impegno di valutazione di opere di arte antiche e moderne. Per orientarsi nel mercato dell'arte, assai complesso e pieno di sfumature, è meglio affidarsi ad un consulente professionista che sappia rispondere in maniera veloce e concreta alle tue esigenze. La chiarezza delle risposte risolverà in maniera efficace la necessità di stimare o mettere in vendita un bene.
Contattaci immediatamente senza impegno
Risposte anche in 24 ore:
Gaetano Gigante
Il ritratto a figura intera del soldato greco che, secondo la scritta impressa sul telaio del dipinto, si identifica come Caporale degli irregolari, è un dipinto inedito di Gaetano Gigante, artista attivo a Napoli tra Sette e Ottocento, padre del celebre pittore di paesaggio, Giacinto Gigante, considerato tra i protagonisti della Scuola di Posillipo. L’iniziale “G” potrebbe trarre in inganno con Giacinto, ma il modello e lo stile del dipinto non pone ombra di fraintendimento sull’attribuzione a Gaetano Gigante, acclarato “figurista”, formatosi alla scuola di Giacinto Diano, attivo a Napoli, capitale del Regno delle due Sicilie sotto i Borbone, nella difficile fase transizione tra Sette e Ottocento, momento in cui le istanze figurative di tradizione tardo barocca persistono al passaggio col nuovo secolo, quando sta per nascere la nuova pittura di carattere romantico.
Il tema è tra gli interessi ricorrenti della produzione dell’artista, le figure e i ritratti ma, nel nostro caso specifico, ha un significato particolare perché il soldato raffigurato è abbigliato con l’uniforme Tsoliades, che indossano una particolarissima uniforme che riproduce l’abbigliamento dei klefti, eroici oppositori degli Ottomani durante il periodo della Turcocrazia (1453-1821). Diventando simbolo della lotta per la liberazione dai Turchi, l’uniforme dei klefti, dopo la Rivoluzione del 1821, fu adottata ufficialmente come costume nazionale di tutti i capi di formazioni irregolari e dei combattenti della rivoluzione.
Costoro vestono un caratteristico abito costituito da una camicia di cotone pregiato con ampie maniche, un fermeli (gilè) riccamente decorato, la fustanella, una gonna in tessuto bianco di 30 metri di lunghezza impiegata per formare 400 pieghe, ad indicare simbolicamente gli anni della soppressione ottomana. Ai piedi sono calzate le babbucce di pelle rossa cucite a mano con una punta coperta da un pon pon nero. La suola porta 60 chiodi, per colpire il nemico. Infine il copricapo, fario, in panno rosso con una nappa che scende elegantemente sulla spalla. Il rosso sta per simboleggiare il colore del sangue, la nappa sono le lacrime versate per la liberazione dalla schiavitù, il nero rappresenta il lutto.
Il soldato è dotato di armi da combattimento, riposte sul davanti in una sacca in pelle tipo marsupio dove s’intravede una pistola a pietra focaia e uno “yatagan”, lama con due estremità ricurve di antica derivazione turco-ottomana, recante una preziosa impugnatura in avorio.
Il Caporale degli irregolari rimanda ad un modello figurativo scaturito dalla fervente partecipazione patriottica al fenomeno denominato “filo-ellenismo”, il cui periodo storico viene segnato tra il terzo e quarto decennio dell’Ottocento quando, a partire dal biennio 1820-21, la lotta di liberazione dei greci dall’oppressione turca si diffonde nei territori limitrofi scuotendo gli animi con un generale risveglio delle coscienze nelle nazioni dei Balcani, nel Regno delle due Sicilie e in Piemonte, dove si registra l’insorgenza popolare contro la Restaurazione e la Santa Alleanza.
In un clima di esaltato patriottismo per l’audacia degli insorti greci, i primi fermenti ellenici furono d’incoraggiamento all’Italia per la nascita di un concetto libertario che ebbe i suoi proseliti nelle sette della Carboneria (Cfr. A. G. Noto, Le “nazioni sorelle”. Affinità, diversità e influenze reciproche nel Risorgimento di Italia e Grecia, in Il Risorgimento Italiano e i movimenti nazionali in Europa a cura di G. Altarozzi e C. Sigmirean, Roma 2013, pp.43-68). Questi aspetti della storia riecheggiano nella cultura figurativa del tempo e alimentano l’invenzione di temi rievocativi celebri come La morte di Marco Botzaris (seconda versione presso Atene, Museo Benaki), eseguito nel 1836 da Filippo Marsigli, come pure la genesi di un capolavoro di Ludovico Lipparini realizzato nel 1841 che ripropone sempre il tema del Marco Botzaris caduto sul campo, esaltando indirettamente il valore del sacrificio eroico dei combattenti greci (Cfr. C. Spetsieri Beschi, La morte di Marco Botzaris di Filippo Marsigli/un quadro del filellenismo napoletano in “Napoli Nobilissima”, V, fasc. V-VI, 2004, pp. 199- 214).
Tornando alla figura di soldato eseguita da Gaetano Gigante, si può avanzare l’ipotesi di una collaborazione del “pittore figurista”, di aiuto alla complessa costruzione scenografica del Marco Botzaris realizzata dal Marsigli (titolo originale: L’alba del 21 Agosto 1824 a Carbonizza, ove si difende vigorosamente il corpo di Marco Bozzari- Gran Quadro, in C. Napoli, Le biennali borboniche, Catalogart 2009, pp. 130-132), uno dei capolavori della nuova pittura di storia presenti alla biennale borbonica del 1839. Secondo le fonti, il dipinto affrontava l’episodio con un’ampia scena contenente più di quindici figure, eseguite a grandezza naturale (in palmi napoletani 21×16) e non è affatto impossibile pensare nella elaborazione così complessa dell’opera, durante la fase di allestimento dei personaggi in costume, che l’artista potesse avvalersi dell’ausilio del nostro pittore.
Luisa Martorelli
Il sito viene aggiornato costantemente con opere inedite dei protagonisti della pittura e della scultura tra Ottocento e Novecento.