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Pittore
Garzia Fioresi
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Garzia Fioresi
Garzia Fioresi, pseudonimo di Alfredo Grandi, nasce a Vigevano nel 1888. Nel 1902 si trasferisce con la famiglia a Bologna e vi frequenta l’Accademia di Belle Arti fino al 1908. Risale proprio al 1908 il Ritratto di vecchio con cappello nero, una delle prime opere dell’artista. Dopo questo inizio, si arruola nell’esercito e vi rimane per circa dieci anni, partecipando alla guerra di Libia.
Ciononostante, riesce comunque a partecipare ad una serie di rassegne: nel 1913 invia alla mostra della Secessione romana La bimba e Il ritratto del dottor G.G., a quella del 1914 Maria, La famiglia, La griglia verde, Un pensiero e La musica, infine a quella del 1916 un Autoritratto.
Nel frattempo Ragazza col tombolo compare alla Biennale del 1912 e Il padre e le sorelle a quella del 1914. In queste opere è evidente l’adesione ai modi del post impressionismo, tutti concentrati sull’importanza della figura, non solo dal punto di vista plastico, ma anche cromatico. Il colore ha è infatti fondamentale in questa fase: modulato in modo equilibrato e sapiente, rappresenta il fulcro di alcune opere di grande significato e di intima fattezza.
Dopo aver combattuto sull’Altopiano di Asiago durante la prima guerra mondiale, ritorna ad esporre assiduamente, ma con una consapevolezza maggiore e con un entusiasmo espressivo minore rispetto al periodo secessionista.
Affianca ai dipinti di figura paesaggi e scene naturalistiche, come avviene alla Fiorentina Primaverile del 1922, in cui presenta Calanchi, Mamma e bambina, La nonna, Profughe, Spiaggia di Napoli, Savena e Un soldato, dipinto eseguito nel 1916, durante la guerra. Gli anni Venti sono caratterizzati da una tendenza al ritorno all’ordine che lo fa allontanare dal cromatismo degli anni antecedenti alla guerra.
Assimilando alcuni elementi di Armando Spadini, dà vita ad una pittura silenziosa, intima, dedicata ai temi familiari, trattati con reminiscenza renoiriana. Un soggiorno a Portici lo fa avvicinare ancora di più al paesaggio, che sempre con maggiore frequenza appare alle esposizioni.
Alla Biennale di Venezia del 1922 invia Bambine, a quella del 1924 I finiti, un dipinto che mostra anche una certa coscienza sociale e una spiccata propensione verso un realismo schietto e sincero. Lo stesso vale per Madre e figlia e soprattutto per Gli emigranti, tele presentate alla Biennale del 1926, mentre a quella del 1928 compaionoCampagna bolognese, Testa d’artista e Madonna. Negli anni Venti frequenta assiduamente il letto del fiume Savena e l’Appennino Tosco-Emiliano, rendendolo protagonista di numerosi suoi paesaggi e scene intime come Bambina in campagna, presentato alla Biennale del 1930.
Al 1931 risale la sua partecipazione alla I Quadriennale romana con Lavandaie, I rifiuti e Lavatoio. Al 1935 la seconda, con Donna che si pettina, Uomo che si rade e Ragazza, dipinti attentissimi alla gestualità umana in momenti di solitudine e di introspezione.
Alla Quadriennale del 1943 gli viene dedicata una sala personale in cui espone dieci opere tra cui Suonatrice e una serie di Nature morte. Continua a dipingere fino agli anni Cinquanta, muore a Bologna nel 1968.
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