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Pittore

Gerolamo Navarra


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Gerolamo Navarra

( Verona 1852 - Milano 1920 )

Pittore

    Gerolamo Navarra

    Pittore veneto, nato a Verona nel mese di ottobre del 1852; ebbe a maestri il professor Carlo Ferrario si per la prospettiva, il professor Napoleone Nani, per la figura; e si fece in breve sì esperto nell’Arte, tanto da esporre, nel 1887, alla Mostra di Napoli, un lavoro abbastanza buono, rappresentante: “Sant’Anastasia di Verona”.

    Recatosi a Venezia, ove prese stabile dimora, il Navarra si distinse tosto pel suo talento artistico e i quadri “Sul ponte”; “No, no te lo dago”; “Sul canalazzo”; “L’abito di sposa”; “Fiato sprecato” ed altri, che furono esposti a Milano, Venezia, Roma e Torino, ebbero ben meritate lodi dagl’intelligenti e dai critici.

    Lavoratore indefesso, buon critico d’arte, insegnante esimio, artista colto,

    Gerolamo Navarra, ha saputo crearsi un nome chiaro fra i pittori veneti, e bene a ragione così scrive di lui Edoardo Paoletti:

    «Ritrattista egli corre da Venezia a Trieste, dove si reclama insistentemente l’opera sua; marinista egli fa l’acqua così, che a saper fare ugualmente bene il vino ci sarebbe da diventar milionari e cavalieri.

    All’Esposizione di Venezia colla sua drammatica “Rejetta”, un capolavoro di sentimento, egli parla al cuore il linguaggio passionato dell’amore tradito; prospettivista; s’impone a quella di Bologna con una superba “Ca’ d’Oro” e col suo “San Marco”, questa sfinge dorata contro la quale s’infrangono tanti ingegni.

    Pittore goldoniano finalmente egli vede una fantasmagoria di scene rifiorirgli sotto il pennello, una più geniale dell’altra, una dell’altra più veneziana, da’ suoi celebrati “Pettegolezzi in cronaca” delizia l’anno scorso ai Giardini Pubblici di tutti i forestieri, alla “Perquisizione” ed al “So proprio mi!” due quadretti che a Bologna si fecero ammirare per la felicità del colorito e la razza birichina della trovata, dal “Dime tuto!” al “Per la fabrica de l’apetito”; dalla “A pie’ del Ponte” al “Galo vogia che lo manda, si?” ultimo suo lavoro, e che egli, oltre ad un magnifico “Canalazzo” bene intuito e meglio dipinto, ha testè destinato all’Esposizione di Brera, ove i Milanesi non mancano di appassionarsi a quella sfilata di popolane, che vanno al lavoro, ed alle quali due buone lane di gondolieri non risparmiano certe galanterie scollacciate, tanto scollacciate da tirargli addosso l’ira di quel tocco polposo di marcantonia, che, sfacciata come un birro, scaraventa al più audace la minaccia di mandarlo a quel paese.

    Niente di più veneziano e più concettoso in uno in questa tela, dinanzi alla quale sembra di essere trasportati come per incanto in quei lontani quartieri popolari di Santa Marta e di Castello, dove il colore squilla le sue note più vibrate e la fantasia siriconforta in un lavoro soave di rustica leggiadria».

    E a proposito del suo “Dimmi tutto”, ecco quanto scrive un altro critico del ‘Piccolo’:

    «In un sottoportico di sapore veneziano, che serve di fondo, una fanciulla se ne sta poggiata sul muricciuolo della scala; le braccia ignude, la faccia poggiata alla mano, guardando fiso fiso nello spazio, immobile, pensando forse chissà a quale brutta idea, forse all’amante che ella crede infedele, o che lontano, in altro paese, passa di amore in amore, mentre lei cova nel seno l’aspide mortale della gelosia.

    Il bel volto un po’ bronzato, roseo, fresco, gli occhi di uno splendore e di una bellezza incantevoli, come spesso si riscontrano nelle fanciulle del popolo, lasciano comprendere come la sciagura non ha ancora sfiorato quel cuore; ma il germe di un sospetto tortura la ragazza, un brutto pensiero che non se ne vuol andare le passa per la mente; e la buona madre sua, inquieta, ma non disperata, per quella tristezza, o anzi meglio per quella serietà, con le mani giunte, le dice: “Dimmi tutto”.

    Ma quella fanciulla non parlerà: c’è nelle espressione di quel volto tutta la fierezza di un animo che non cede, nello sguardo il lampo di una risoluta volontà, mentre una certa mestizia ne sfiora la pupilla lucida e nera.

    Non dirà nulla; invano la madre pregherà, invano metterà in campo i suoi capelli bianchi, il suo affetto, il suo dolore di madre.

    Il Navarra, che già parecchie volte espose dei lavori, conosciutissimo per i molti ritratti che eseguì e che anche presentemente sta facendo, ha svolto in questo suo quadro tutto un piccolo profilo famigliare, di quelli che non hanno a testimoni le sale dorate e le seriche stoffe, ma la povertà e la smorta luce di un quartierino misero, ove la pace e la tranquillità ne sono il solo conforto: un soggetto vero, che forse giornalmente si ripete e che per questo interessa e costringe a soffermarvisi dinanzi più a lungo: e lo ha svolto con semplicità di mezzi, ma con molta intuizione artistica.

    Come lavoro è trattato con tutta quella cura e quella amorosa diligenza che il Navarra pone sempre nei suoi dipinti.

    Il colorito è buono e lo studio delle figure, che sono al naturale, è dei più coscienziosi.

    E’ un quadro di quelli che rivelano tosto l’intenzione dell’autore, e perciò anche il pubblico si gode a guardarlo, perchè più lo guarda e più vita ci trova.

    Come soggetto, pure essendo serio, è geniale e piacevole, e può formare grazioso adornamento in un salotto o nella galleria di un collezionario».

    E anco come ritrattista il Navarra ha ripetutamente dimostrato la sua valentia, ed un altro critico parlando di lui e considerandolo sotto questo nuovo aspetto, dice:

    «Il conoscitore dovrà apprezzare questi due ritratti in ispecie, come due lavori serii di vero e provetto artista.

    L’uno è il “Ritratto del padre Sabatia”, parroco della Comunità illirica, una stupenda figura dall’occhio fiero ed espressivo, dalla fronte ampia, dall’atteggiamento risoluto.

    Una testa, a riprodurre la quale l’artista deve provare diletto, ed il Navarra vi è magnificamente riuscito.

    C’è in quel viso e nell’occhio in ispecie una espressione, quale non è dato facilmente di riscontrare in una tela.

    L’altro è il “Ritratto del signor Melli”, rabbino maggiore della Comunità israelitica.

    Un’altra figura che si presta molto per ritratto, con quello sguardo vivo, pieno d’interesse e, nel tempo stesso, così dolcemente scrutatore; è riprodotta con una verità palpitante, mentre il volto serio ne rivela però tutta la grande bontà dell’animo.

    Anche questo è un lavoro finito in ogni sua parte e curato con amore di artista coscienzioso ed appassionato».

    E a proposito di altri ritratti da lui fatti ai coniugi Segrè e alla famiglia del Console d’Italia a Trieste, cav. Malmussi, ecco quanto scrive il ‘Cittadino’ di Trieste:

    «Soffermandoci dinanzi al negozio Schollian, caleidoscopio d’arte, dove giornalmente sfilano le opere degli ingegni più belli di quell’eletta schiera di giovani che conserva in mezzo all’atonia generale il prestigio dell’arte, le speranze e le illusioni del suo culto e l’amore degli idedi, ci vien fatto sovente di notare tra le sfumature e gli abbozzi, arrischiati anzi tempo per la fretta di presentarsi al pubblico, alcuni lavori veramente finiti e degni d’una critica che emerga dai soliti cenni infiorati dalle frasi convenzionali e dalle lodi raccomandate.

    Fra questi lavori serii, dovuti al pennello d’un artista coscienzioso e per nulla desioso d’affrettare il giudizio sull’opera sua, sono i due ritratti esposti dal Navarra, simpatico tipo d’artista veneziano, che ora soggiorna tra noi.

    I ritratti sono dei coniugi Segrè; e così accurato e delicato n’è il tocco, che sembra abbiano a staccarsi dal fondo oscuro della tela.

    Specialmente la signora Rosa Segrè è colpita nei più fuggevoli riflessi di quella sorridente bonomia, nella calma severa della donna virtuosa e gentile.

    Il tipo del signor Segrè è tratto giù artisticamente, a pennellate spigliate, con la disinvoltura dell’insieme, non mendicata, ma spontanea.

    Con una mano nella tasca dei calzoni e il sigaro nell’altra, vi fissa col suo sguardo sereno, col suo sorriso da cuor contento, sotto i baffi grigi.

    Anche in questi due ritratti il Navarra s’è rivelato artista finito, e seguace di quella scuola italiana che riempì di capolavori l’epoca d’oro dell’arte ».

    E venendo poi a parlare di quelli della famiglia Malmussi, più sotto prosegue:

    «In tanto lusso e varietà di colori, nulla di volgare od esagerato, ma quella sobrietà relativa che è la migliore caratteristica del pittore, quella franchezza di linee e quella scioltezza di tratti che è quasi lo stile che caratterizza l’artista.

    La prospettiva, gli effetti dei diversi piani, lo sfondo di un’altra stanza, gli accessorii curati come in una miniatura, tutto ciò costituisce un merito grandissimo, che, sinceramente ammirati, dobbiamo consentire al Navarra, congratulandoci seco lui di questo suo nuovo lavoro che, se viene in coda ai molti altri da lui eseguiti, non rimane però l’ultimo per valore.

    In tale occasione vedemmo anche il ritratto della madre del dott. Usiglio e quello del cav. Barzilai, ambidue egregiamente riusciti».

    Il Navarra è inoltre Professore di disegno, con patente avuta per titoli, ed insegnò nella Scuola di disegno femminile di Verona, ottenendo una menzione onorevole dal Ministero della Pubblica Istruzione.

     

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