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Pittore
Giacinto Gigante
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Giacinto Gigante
Giacinto Gigante nasce a Napoli nel 1806 e si avvia allo studio della pittura sotto l’ala del padre, intorno al 1818. Due anni dopo, inizia a frequentare lo studio del pittore tedesco Huber, insieme ad Achille Vianelli, e lavora presso il Real Ufficio Topografico, dove approfondisce lo studio dell’incisione ad acquaforte e della litografia, dando vita ai primi disegni acquarellati.
Proprio perché allievo di Huber, inizialmente le sue vedute rispondono ai canoni classici e vengono sicuramente realizzate grazie al supporto della camera oscura. Ma dal 1822, quando inizia a frequentare lo studio di Antoon Sminck van Pitloo, Gigante si apre ad una concezione nuova di paesaggio, basato essenzialmente sullo studio dal vero.
Risale al 1824 il Lago Lucrino, un dipinto ad olio che segna l’inizio vero e proprio della sua fiorente carriera e del suo fondamentale apporto al cambiamento della pittura di paesaggio napoletana.
Il 1826 lo vede soggiornare a Roma e studiare presso l’atelier dell’acquarellista tedesco Wolfenberger, dove approfondisce ulteriormente la libertà cromatica e interpretativa fornita dal medium dell’acquarello. Nello stesso anno, partecipa alla sua prima Biennale Borbonica con Veduta della marina di Sorrento, Veduta dell’Anfiteatro di Pozzuoli, Veduta del Colosseo e Veduta dell’interno di un edificio con S. Onofrio. Alla fine degli anni Venti collabora all’illustrazione del Viaggio pittorico nel Regno delle due Sicilie.
Mentre nella metà degli anni Trenta conosce il pittore russo Sçedrin con cui dà vita ad una duratura amicizia che, nel tempo, procurerà a Gigante numerose committenze da parte di collezionisti e aristocratici russi. Al 1839 risale l’acquarello La villa di Chiaia con Pizzofalcone e il Vesuvio da Palazzo Esterhazi, una delle vedute che rappresenta il vero contributo di Gigante al paesaggio partenopeo. Un cromatismo luminosissimo e sciolto lo rende uno dei principali interpreti della Scuola di Posillipo, rendendo giustizia alla veduta dal vero, lontana ormai da stilemi predefiniti ed accademici e ricca invece di sperimentazioni e spunti nuovi.
Gli studi naturalistici vengono ancor di più approfonditi da Gigante quando, per rifugiarsi dai moti antiborbonici del 1848, si sposta per un periodo a Sorrento. Qui si dedica allo studio di specie botaniche e soprattutto all’approfondimento della sua personale interpretazione del colore e della luce.
Rientrato a Napoli, viene nominato insegnante di pittura delle principesse, figlie di Francesco I di Borbone e ottiene la nomina di cavaliere del Real Ordine. Ha la possibilità di viaggiare tra le diverse ville e residenze dei Borbone nel regno delle due Sicilie e farsi ispirare dai diversi paesaggi, dando vita a studi e dipinti come La villa reale di Ischia, La casa dei capitelli colorati, Le terme di Pompei, Casa di Castore e Polluce.
Questa serie di vedute di Pompei è realizzata con una sensibilità cromatica e con una libertà interpretativa senza precedenti che ritornano anche nella realizzazione di vedute d’interni. Dopo l’Unità, Vittorio Emanuele II gli commissiona nel 1863 La cappella del Museo di San Gennaro nel Duomo di Napoli.
Negli ultimi anni, il pittore si dedica alla sistemazione dei suoi disegni, arricchiti di note personali. Dopo la sua morte, sopraggiunta nel 1876, i suoi quadri continuano a comparire presso le esposizioni italiane: alla Biennale del 1903 vengono esposte dieci opere tra cui Una via di Pompei, Coro di un monastero napoletano, Gruppo di contadine, Un’antica casa di Napoli. Sono da ricordare poi altri paesaggi comparsi alla Biennale del 1926, Ville d’Amalfi, Porta di Capua, Salita ai Camaldoli, Interno della Chiesa di Santa Chiara, Cava dei Tirreni, Castellamare vista dal convento, Loggia a Capri e Duomo di Napoli.
Elena Lago
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