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Pittore

Giorgio De Chirico


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Giorgio De Chirico

( Volo 1888 – Roma 1978 )

Pittore

    Giorgio De Chirico

    Giorgio de Chirico nasce a Volos in Grecia nel 1888. Il padre, Evaristo, è un ingegnere ferroviario e si sta occupando di costruire la tratta ferroviaria in Tessaglia. La prima formazione avviene quindi in terra greca prendendo lezioni private da maestri locali e seguendo alcuni corsi al Politecnico di Atene. Alla morte del padre, avvenuta quando lui aveva sedici anni, lascia la Grecia insieme alla madre e al fratello. Dopo alcuni soggiorni in Italia, decidono di trasferirsi a Monaco di Baviera. Qui il giovane artista può frequentare l’Accademia di Belle Arti, e il fratello, conosciuto come Alberto Savinio, studiare musica. 

    Il periodo romantico e “L’eterno ritorno del tempo”

    Negli anni tedeschi conosce la poetica del pittore romantico Arnold Böcklin e ne rimane affascinato. I primi dipinti dechirichiani infatti, come Lotta di centauri o Tritone e sirena, risentono moltissimo dell’atmosfera romantica e simbolista del pittore svizzero. In questo periodo giovanile inizia a leggere anche i testi filosofici di Friedrich Nietzsche e Schopenhauer, che approfondirà alla biblioteca di Firenze dal 1910 dove si stabilisce per qualche mese.

    Il pensiero nietzschiano è fondamentale per comprendere la poetica di de Chirico, soprattutto per quanto riguarda la teoria dell’eterno ritorno del tempo. Nietzsche afferma che passato, presente e futuro sono un tutt’uno. Parla di un tempo ciclico in cui tutto torna ed è collegato in una serie di rimandi infiniti. Per questo motivo nelle opere del pittore le atmosfere sono sospese come simbolo di un presente, passato e futuro visionario che si mescola: de Chirico racconta la sua storia ma anche il mondo senza tempo del mito. A sottolineare la sua devozione per il filosofo tedesco l’artista realizza un autoritratto nel 1911 in cui si raffigura nella stessa posa di una celebre fotografia di Nietzsche.

    La nascita della Metafisica

    La prima suggestione metafisica nasce nella città toscana, infatti l’artista racconta di aver avuto una rivelazione oracolare seduto su una panchina in Piazza Santa Croce. E da questa manifestazione prende vita il dipinto Enigma di un pomeriggio d’autunno in cui realtà, memoria dell’antico e suggestioni future si fondono mostrando al pittore una realtà altra, la Metafisica, ciò che è al di là delle cose fisiche.

    Nel 1911 raggiunge il fratello a Parigi e stringe amicizia con artisti come Apollinaire e Picasso. In questi anni nasce la figura del manichino, un’entità molto simile all’essere umano, ma senza volto e senza braccia. Spesso i suoi personaggi sono dotati di un disegno sul viso che richiama il “terzo occhio” di profeti o indovini, coloro che riescono a leggere l’oracolo, come nell’opera Il vaticinatore.

    Il manichino diviene quindi alter ego del pittore, poiché dotato di capacità divinatorie e visionarie essendo in grado di percepire una realtà altra. Durante questo periodo nascono anche le prime Piazze d’Italia, lavori ricchi di rimandi e ricordi italiani: luoghi pressoché disabitati circondati da portici rinascimentali, fontane, monumenti e statue di Cavour o Vittorio Emanuele II.

    Il periodo ferrarese

    Allo scoppio del primo conflitto mondiale decide di fare ritorno in Italia e si arruola nell’esercito. Viene mandato di stanza a Ferrara, e qui nei vari mesi di giacenza nell’ospedale delle città emiliana incontra Carlo Carrà, che in parte si approprierà della Metafisica di de Chirico, ma avrà il merito di diffonderla in Italia.

    Per tutti gli anni Dieci continua a realizzare soggetti metafisici tra manichini, muse, Piazze d’Italia e Interni Metafisici. Questi ultimi sono un riflesso dei negozi del ghetto di Ferrara, luoghi pieni di oggetti e soprattutto dolci dalle forme metafisiche. Ferrara viene infatti definita dal pittore una delle città più metafisiche mai viste.

    Il ritorno all’ordine dechirichiano

    A cavallo del decennio si riscontra un cambiamento nel suo linguaggio artistico. Alla fine della guerra si trasferisce a Roma, ed entrando in contatto con Mario Broglio, si fa portavoce di un ritorno all’ordine teorizzato all’interno delle pagine della rivista “Valori Plastici”. De Chirico invoca un ritorno al mestiere e studia con devozione l’arte Quattrocentesca.

    Nel 1922 partecipa alla Fiorentina primaverile esponendo opere della prima Metafisica, ma anche lavori che riflettono sulle nuove ricerche novecentesche. Appartengono alla prima poetica opere come L’enigma dell’ora, Interno metafisico, I pesci sacri, Il trovatore, Ettore e Andromaca; alla più recente sperimentazione artistica fanno riferimento La statua che si è mossa, La partenza degli Argonauti e Paesaggio romano. Anche nella sua versione del “ritorno all’ordine” de Chirico non abbandona mai la mitologia greca, la interpreta solo secondo una chiave differente, con chiari rimandi all’arte di Giotto, Signorelli e Piero della Francesca. In alcuni dipinti di questi anni l’artista torna anche a riflettere sull’arte romantica come nell’opera Villa Romana del 1922.

    Nel 1924 partecipa alla prima Biennale di Venezia con I duelli a morte e L’ottombrata che rivela chiari riferimenti all’arte giottesca soprattutto nella ricerca architettonica. 

    La parentesi surrealista

    Nello stesso anno è di nuovo a Parigi e si avvicina al gruppo surrealista che lo riconosce come un geniale anticipatore della sua poetica. Infatti compare nella foto del primo numero di “La Révolution Surréaliste” e si muoverà tra le fila del movimento fino al 1926. In questi anni nascono inoltre i soggetti degli archeologi, i cavalli in riva al mare e i mobili nella valle. I surrealisti devono molto alla metafisica dechirichiana, al senso di enigma, mistero ed estraniazione che si prova di fronte alle opere dell’artista greco.

    Lo stesso Magritte rimane folgorato da un’opera come Canto d’amore. De Chirico però ormai ha cambiato strada da percorrere, e dopo questa piccola parentesi surrealista e una grande lite con André Breton, torna al suo studio del “Museo” e continua a sperimentare tutte le tecniche pittoriche dei grandi maestri del passato. Nel 1929 viene dato alle stampe il suo libro Hebdomeros in cui trovano vita moltissime delle sue suggestioni metafisiche. L’artista durante la sua lunga carriera lavora molto anche per il teatro: nel 1930 realizza i costumi e la scenografia dei Balletti russi di Diaghilev, nel 1933 lavora alle scenografie e ai costumi de I puritani andati in scena in occasione del I Maggio Musicale Fiorentino al teatro comunale di Firenze; realizza anche scene e costumi per il Don Chisciotte nel 1952, e nel 1964 esegue cinque scenari per l’Otello di Rossini.

    Dall’ultimo Renoir a Rubens: un pittore neobarocco

    Negli anni Trenta concentra la sua ricerca artistica sul tratto mosso dell’ultimo Renoir, quando il pittore francese cambia rotta, allontanandosi dall’Impressionismo e guardando all’arte di Raffaello. De Chirico realizza in questi anni numerosi nudi di bagnanti in riva al mare o nature morte che lui preferisce chiamare Vite silenti.

    Dal 1936 al 1938 parte alla volta di New York ottenendo davvero molto successo, ma al suo rientro a Roma nubi grigie di odio e guerra stanno circondando l’Europa. Isabella è di origini ebraiche e con l’emanazione delle leggi raziali scappano a Parigi per trovare rifugio. Poco dopo però la città francese viene invasa dall’esercito nazista, e quindi rientrano in Italia nascondendosi a casa di amici tra Milano e Firenze. 

    Nel 1944 tornano nuovamente a Roma e qui resteranno per tutta la vita, vivendo inizialmente in un appartamento a via Gregoriana, poi a via Mario de’ Fiori, e dal 1948 in un palazzetto seicentesco a Piazza di Spagna. Negli anni Quaranta, nella città del Barocco, l’artista dedica il suo studio agli artisti seicenteschi, in particolar modo a Rubens, tanto che viene chiamato un pittore neobarocco, utilizzando una pennellata pastosa e movimentata dal gusto teatrale dei pittori del Seicento.

    Il teatro vive anche nei suoi dipinti e realizzerà moltissimi autoritratti in costume come Autoritratto nel parco in costume seicentesco, Autoritratto in costume da torero o Autoritratto in costume nero.

    La questione dei falsi e l’avversione della critica

    In questi anni si diffonde una problematica che preoccuperà il pittore per tutta la vita: la questione dei falsi che verranno venduti o esposti in alcune manifestazioni ufficiali in maniera copiosa. Uno degli episodi più eclatanti per lo stesso artista è la Biennale di Venezia del 1948 in cui viene esposto un falso non riconosciuto da Roberto Longhi. In quella manifestazione de Chirico rimarrà doppiamente deluso perché verrà attributo a Morandi il premio per la pittura Metafisica e non a lui, il vero ideatore. Inoltre il suo periodo “barocco” non è molto apprezzato dalla critica, per molti de Chirico è morto nel 1919 così come afferma André Breton. Continuerà comunque a partecipare a varie rassegne tra apprezzamenti e critiche come alla seconda Quadriennale di Roma in cui presenta quarantacinque opere tra cui Natura morta con melone e uva, I dioscuri con rovine e architetture, Ritratto di signora in rosa e nero, Bagnanti sopra una spiaggia, Il porto di Genova, Cavalli in u paesaggio greco, Il cigno misterioso, Achille in riva al mare, Cavalli in riva al mare. Alla Galleria Il Milione nel 1939 vengono esposti alcuni dei suoi capolavori metafisici come Il trovatore, Interno metafisico con piccola Officina, Ettore e Andromaca, Le maschere, Le muse Inquietanti e Natura morta dal dolce siciliano.

    Nuove sperimentazioni metafisiche: il decennio della Neometafisica

    Alla fine degli anni Sessanta fino all’anno della morte, il pittore torna a riflettere su tematiche metafisiche, riproducendo soggetti giovanili ma anche creando delle novità iconografiche. La critica la percepisce come una copia pedissequa del primo grande periodo dell’artista, ma si registrano sostanziali cambiamenti.

    Dal punto di vista cromatico il pittore attua una variazione, dalle tonalità scure della Metafisica, si passa a tonalità più chiare e terse; e poi ci sono innovazioni iconografiche come ombre delimitate da punte, segni che ricordano le volute del capitello ionico, o personaggi inediti come Il meditatore. L’arte di questi ultimi anni prenderà il nome di Neometafisica. 

    Il pittore si spegne nel 1978 a Roma, e le sue spoglie riposano in una cappella a San Francesco a Ripa a Trastevere.

    Emanuela Di Vivona

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