OPERA NON DISPONIBILE
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Giovanni Boldini

(Ferrara 1842 - Parigi 1931)

Ritratto dello scultore Giovanni Paganucci (1865)

Misure: 52 x 41 cm

Tecnica: olio su tela

Firmato e datato in basso a sinistra: “Boldini 1865”

Provenienza: Gino Valori (erede dello scultore Giovanni Paganucci)

Bibliografia: L’opera completa di Boldini, a cura di E. Camesasca, 1970, n. 5c, p. 87; B. Doria, Giovanni Boldini. Catalogo generale degli archivi Boldini, 2000, n. 9; P. Dini, F. Dini, Boldini. Catalogo ragionato, 2002, vol. III, tomo I, p. 18, n. 18.

Giovanni Boldini, genio pittorico che più di ogni altro ha saputo narrare l’essenza straordinaria della Belle Époque parigina, è stato il maggior rappresentante della pittura à la mode, il più sensibile e libero interprete della femminilità charmante, attraverso il dinamismo del colore, l’eleganza formale, l’esuberanza del pennello, che lo hanno reso un sofisticato narratore del bel mondo internazionale. Dal momento del suo trasferimento nella capitale francese nel 1871, in cui vivrà tutta la sua brillante carriera, si affida al mercante più influente del tempo Adolphe Goupil, ma prima ancora, la sua storia prende avvio a Firenze, sua città adottiva e luogo in cui ha origine anche il ritratto dello Scultore Giovanni Paganucci, eseguito nel 1865.

La primissima e fruttuosa produzione giovanile dell’artista, infatti, si concentra su un folto gruppo di ritratti eseguiti a Firenze tra il 1865 e il 1866 a seguito di una piacevole e cruciale estate a Castiglioncello insieme agli amici macchiaioli. Ritratti veristi, vitali e attenti alla resa psicologica, come quello di Vincenzo Abbati, Diego Martelli e Cristiano Banti. È quindi in questo frangente che si inserisce il ritratto di Giovanni Paganucci, scultore di Livorno (1827-1889) con cui Boldini condivide per qualche tempo il suo studio fiorentino e che al momento del ritratto ha dunque trentasei anni, mentre Boldini ne ha solamente ventitré. La giovinezza non gli impedisce comunque di esprimersi con estrema facilità e con scioltezza compositiva, determinando il nuovo corso della ritrattistica italiana, seppur qui ancora legato a stilemi macchiaioli, in cui i valori tonali dei chiari e degli scuri si isolano e si intensificano. Telemaco Signorini, a commento della mostra di Firenze del 1866 scrive che Boldini «brillantemente esordisce» con tre piccoli ritratti di cui apprezza la «fattura larga e facile»[1]. Aspetto presente anche nello Scultore Giovanni Paganucci, da cui emerge una freschezza cromatica che rende setoso e limpido il volto affascinante dell’effigiato, dagli scuri occhi seducenti e dalla folta barba nera, resa con una pennellata impalpabile e leggera. Il contrasto con il fondo neutro e quasi dorato fa risaltare il berretto da fumo rosso, di cui Boldini rappresenta perfettamente la consistenza vellutata, con pochi e puntuali accenti di luce e perfetti rapporti cromatici con la giacca nera. Il berretto da fumo è portato alla maniera di Garibaldi, forse a sottolineare la vocazione risorgimentale dello scultore e di molti altri artisti del tempo. L’essenzialità brillante dei toni e l’interpretazione spigliata caratterizza la prima fase ritrattistica di Boldini, in cui sono racchiusi in nuce tutti gli sviluppi successivi, quelli di una pittura fatta di intuizione e rapidità, foriera di uno strepitoso successo internazionale.

[1] T. Signorini, L’Esposizione di Belle Arti della società di incoraggiamento in Firenze, “Il Gazzettino delle arti del disegno”, 1, 1867, p. 28.

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