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Scultore
Giovanni Cappelli
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Giovanni Cappelli
Giovanni Cappelli nasce a Sassuolo nel 1813. Formatosi all’Accademia Atestina di Belle Arti di Modena, viene incoraggiato da Adeodato Malatesta a compiere il suo perfezionamento all’Accademia di Carrara, dove è allievo di Francesco Tenerani e di Ferdinando Pelliccia. I primi saggi dello scultore comprendono alcune copie da Pietro Tenerani che già accennano all’indirizzo purista della sua poetica.
I soggetti prediletti dall’autore sono aggraziate e levigate figure muliebri tratte dalla mitologia, dalla storia, dagli episodi biblici, o dalla più semplice e sincera quotidianità avvolte da un sereno intimismo che ben si legge in una delle sue prime opere, l’Orfanella, esposta in Accademia nel 1844. Tra patetismo, espressione dei sereni e melanconici affetti e gestione elegante e sofisticata delle superfici, Giovanni Cappelli si fa interprete di una ricerca scultorea purista, a metà tra il la semplicità del quotidiano e l’aspirazione verso il bello ideale e il sublime.
Influenzato in particolar modo da Pietro Tenerani, ma anche da Lorenzo Bartolini, di cui frequenta lo studio a Firenze tra il 1846 e il 1847 grazie ad un finanziamento di Modena per intercessione di Malatesta, rientra nella sua città alla fine degli anni Quaranta. Sono questi gli anni in cui si afferma con sculture sempre dedicandosi a figure femminili, tra cui la Gratitudine, iniziata a Firenze ed esposta a Modena nel 1851. Divenuto famoso tra i committenti locali, Giovanni Cappelli ottiene anche la nomina di maestro di elementi di scultura presso l’Accademia Atestina, dove sarà definitivamente professore di scultura a partire dal 1858.
La grazia con cui continua a condurre la sua vicenda scultorea si riscontra nei modelli di sublime gentilezza muliebre che esegue tra gli anni Sessanta e Settanta, tra cui La poverella, in cui la semplicità dei passaggi chiaroscurali e l’estrema levigatezza delle superfici vanno a coniugarsi con un pietismo e un sentimentalismo che si legge anche nella Mendicante esposta a Torino nel 1860 e nel Riposo e La schiava presentati alla Mostra di Parma del 1870. In particolare, quest’ultima opera, rivela una specifica indagine dell’autore sull’introspezione psicologica della donna ridotta in schiavitù, un tema molto presente nella statuaria di metà Ottocento, che permette a Cappelli di confrontarsi con altri autori e di proporre la sua versione introversa e riflessiva della figura.
Abile ritrattista, inserisce anche nei busti quella leggera dolcezza accompagnata dall’equilibrio compositivo che è certamente memoria del Quattrocento toscano, filtrato attraverso una maggiore soavità canoviana. Oltre alla produzione intimista, lo scultore è anche impegnato nell’esecuzione di alcune opere pubbliche e celebrative, tra cui il Monumento all’arciduca Ferdinando d’Austria d’Este eretto nel 1855 nella chiesa di Sant’Antonio della Cittadella e poi trasferito in San Vincenzo.
Intorno agli anni Settanta si fa strada, nella ricerca dello scultore modenese, una maggiore sensibilità verista, che si nota soprattutto nella ritrattistica, che ad ogni modo, non perde mai quella grazia serena che caratterizza tutta la sua produzione. Attivo fino agli ultimi anni, muore a Modena nel 1885, dopo aver donato gran parte dei suoi averi all’Accademia Atestina.
Elena Lago
Il sito viene aggiornato costantemente con opere inedite dei protagonisti della pittura e della scultura tra Ottocento e Novecento.