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Pittore

Giovanni Ciusa Romagna


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Giovanni Ciusa Romagna

( Nuoro 1907 - 1958 )

Pittore

    Giovanni Ciusa Romagna

    Giovanni Ciusa Romagna nasce a Nuoro nel 1907. Nipote dello scultore Francesco Ciusa, fin da piccolo dimostra la sua propensione all’arte pittorica. Terminati gli studi classici nella città natale, nel 1922 si trasferisce a Firenze per frequentare l’Accademia di Belle Arti, divenendo allievo di Felice Carena. A causa della morte improvvisa del padre, nel 1925 interrompe gli studi e li riprenderà solo più avanti. Nello stesso anno inizia ad esporre a manifestazioni nazionali partecipando alla Mostra d’arte Sarda e all’Esposizione Amatori e Cultori a Roma.

    Nel frattempo lo zio dirige la Scuola d’Arte ad Oristano e nel 1927 chiama il nipote nelle vesti di insegnante. Durante l’anno successivo si occupa di allestire il melodramma La Jura di Gavino Gabriel e partecipa alla prima Biennale sarda.

    Le tradizioni folkloristiche sarde

    La sua produzione artistica subisce una piccola pausa a causa di un esaurimento nervoso, riprendendo l’attività nel 1931 a seguito di un viaggio a Venezia e fondando nel 1932 una scuola artigiana a Nuoro.  L’anno successivo partecipa alla Mostra sindacale di Cagliari con Processione, Donna con frutta e Fanciulla con boccale. Nelle opere degli anni Venti e Trenta si nota una forte influenza del simbolismo del maestro Felice Carena, in particolare nel dipinto Processione. Curiosa anche la scelta di inquadrare il corpo di San Sebastiano dalla vita in giù. Realizza inoltre diversi ritratti femminili che denotano uno studio approfondito degli artisti rinascimentali.

    Nel 1935 ottiene la cattedra di disegno e storia dell’arte nella scuola statale non abbandonando però la sua ricerca pittorica, ritraendo soprattutto paesaggi e personaggi della Barbagia. Nello stesso anno prende parte alla Mostra del Sindacato fascista a Nuoro con cinque opere Paesaggio, Composizione, Paese, Bambina, e Sartine d’Oliena. Quest’ultima è un esempio della ricerca intimista del pittore che coglie con dolcezza e delicatezza due ragazze vestite in abiti tradizionali che cuciono all’interno di un appartamento nel centro storico di Oliena. La pennellata è corposa e larga, stesa a tratti paralleli. Tiene poi delle personali a Nuoro nel 1937, 1941, 1942 e 1943. 

    L’artista sceglie di raccontare la vita dei suoi conterranei e della sua Isola, mostrando anche le tradizioni folkloristiche della sua terra, senza toni pietistici o retorici. 

    La poetica realista del dopoguerra

    Alla fine del conflitto trascorre un periodo nella zona mineraria di Carbonia e qui realizza dei bellissimi disegni tratti dal vero. In questa scelta il pittore pone la sua attenzione su una poetica realista di stampo sociale, poiché dopo la guerra, il suo scopo diviene quello di raccontare attraverso i suoi pennelli le difficoltà lavorative dei suoi conpaesani.

    L’artista viene invitato a molte rassegne come la Mostra Nazionale di Sassari, la Seconda Biennale abruzzese di Giulianova, la Seconda Mostra Nazionale di Trieste, la IV Biennale di disegno e incisione di Reggio Emilia e l’Esposizione Nazionale dell’arte in vetrina tenutasi a Napoli.

    Negli anni Cinquanta si occupa inoltre di alcuni interventi architettonici e pittorici a Nuoro, lavorando al rifacimento della Chiesa della Madonna della Solitudine che ospita il sepolcro di Grazia Deledda e la sistemazione di Piazza Vittorio Emanuele II. Nel 1953 realizza sette Stazioni della Via Crucis nella Cattedrale di Nuoro. L’altra metà viene invece eseguite da Carmelo Floris. È questa l’ultima grande impresa di cui si occupa prima della morte prematura, avvenuta a Nuoro nel 1958.

     

    Emanuela Di Vivona

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