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Pittore

Giuseppe Ar


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Giuseppe Ar

( Lucera 1898 - Napoli 1956 )

Pittore

    Giuseppe Ar

    Giuseppe Ar nasce a Lucera nel 1898, da una famiglia di modeste condizioni economiche. Pur dovendo lavorare sin dalla tenera età, si dedica nel frattempo alla sua passione, la pratica del disegno. Le prime opere giovanili sono nature morte eseguite ad acquarello. La sua cifra caratteristica è percepibile anche da queste prime e acerbe prove: una luce delicatissima che bagna in maniera nostalgica gli ambienti che Giuseppe Ar ritrae nel loro silenzio immutabile e quotidiano. Predilige, infatti, quieti e luminosi interni domestici, con pochi elementi e poche figure che racchiudono un’intima sensazione di tranquillità e, allo stesso tempo, di un’insondabile melanconia.

    Gli intimi interni domestici pervasi da una luce pulviscolare e lirica

    Dopo il trasferimento a Roma, comincia a frequentare lo studio di Antonio Mancini e partecipa alla sua prima esposizione, la Biennale romana del 1920, in cui presenta Marmellata, Servizio da caffè e Bottiglia, bicchiere e candela, piccole e delicatissime nature morte che conservano una sorta di lirica del silenzio e della luce.

    Piano piano, entrano a far parte del suo repertorio anche paesaggi e momenti quotidiani, sempre accompagnati dalla carezza pulviscolare di quella luce che penetra dalle finestre e smussa i contorni, rendendoli labili. Mentre a Roma continua a portare avanti la sua ricerca pittorica, lavora in una galleria, ruolo che gli permette anche di studiare diverse tecniche, come la sanguigna su carta.

    Lucera: il silenzio e la luce

    Dopo tre anni di esperienza romana, Giuseppe Ar rientra nella sua cittadina pugliese, desideroso di ritrovare quella calma quasi metafisica che si legge nei suoi dipinti. Figure assorte o concentrate nei loro lavori popolano interni pervasi da una calma rarefatta, in cui la luce sembra l’unico elemento di energia.

    La pace domestica è il segno che contraddistingue la produzione del pittore, nell’immutabile lavoro quotidiano e nei ritmi ripetuti di una dimensione serena e provinciale, in cui ognuno ha il suo ruolo, che sembra mantenere in un eterno ritorno. Il lirismo delle sue composizioni è trasmesso spesso dall’adozione di un Divisionismo personalissimo, fatto di lunghi filamenti lucenti che definiscono oggetti e figure, come si nota dalle opere Presso la finestra, Lavoro in solitudine, La finestra della cucina.

    Alla Biennale di Venezia del 1954 espone alcune opere che rappresentano i suoi ultimi sviluppi pittorici, contraddistinti da una pennellata sempre più rarefatta e chiara: Prima neve, Ripassando la lezione di piano, Prime malinconie, Il salottino addormentato, Gatti al sole. Nel 1955, espone a Parigi, ma muore poco dopo, ancora molto giovane.

    Elena Lago

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