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Pittore

Guglielmo Janni


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Guglielmo Janni

( Roma 1892 - 1958 )

Pittore

    Guglielmo Janni

    Guglielmo Janni, proveniente da una famiglia dell’alta borghesia romana, è nipote del poeta Giuseppe Gioacchino Belli, a cui in età matura dedicherà una biografia ricca di dettagli e di opere inedite. Dopo gli studi classici e la laurea in giurisprudenza, alla fine della Prima guerra mondiale si iscrive al corso di decorazione di Giulio Bargellini presso l’Accademia di Belle Arti di Roma.

    Negli anni Venti, proprio nello studio di Bargellini, Janni incontra l’artista Alberto Ziveri (1908-1990) che diventerà suo fedele amico e con cui condividerà le fila della frangia più intima e defilata del tonalismo della Scuola Romana. Al seguito del maestro Bargellini, Janni riempie la sua primissima fase artistica con alcune decorazioni, tra cui quella del soffitto della Banca d’Italia con La storia della moneta italiana.

    Il primo Janni: dall’influenza di Bargellini agli echi pierfrancescani

    Il suo esordio ufficiale avviene alla I Biennale romana con un Ritratto di signora oggi di ubicazione sconosciuta. Ma è alla Biennale del 1923 che ottiene il suo vero primo successo di critica e di pubblico con il dipinto (anch’esso disperso) dedicato al San Tarcisio. Poi seguito dal San Francesco, con cui partecipa al Concorso Artistico Francescano di Milano nel 1925 e dal San Sebastiano del 1927, poi esposto alla Sindacale romana del 1929. La via primaria per l’esecuzione di queste iconiche figure di santi è quella suggeritagli da Piero della Francesca, nella celebre lettura data da Roberto Longhi per le edizioni «Valori Plastici» del 1927.

    Si tratta di un saggio formativo e fondamentale per Janni, che decide di regalare anche all’amico Ziveri, accompagnandolo con una lettera in cui Piero viene assunto a modello pittorico e umano indispensabile, per le sue qualità di «Artista austero misurato, schivo di ogni affetto, eppur così vivo e aderente da darci ancora, a noi ultimi venuti, sensazioni o fremiti che nessun altro potrà». La ponderazione quattrocentesca e le motivazioni letterarie vengono accolte con piacere da Longhi stesso, che con la sua recensione della Mostra Sindacale del Lazio del 1929 approva definitivamente l’operato del primo Janni.

    L’intimo tonalismo degli anni Trenta: la Scuola Romana

    Il distacco dal decorativismo liberty di Bargellini si fa sempre più evidente con l’avvicinarsi degli anni Trenta, momento in cui Janni opera anche un graduale allontanamento dalla tradizione quattrocentesca del segno per inoltrarsi in una ricerca tonale che sarà la vera cifra caratteristica degli anni a venire.

    Questa tendenza affiora già dal ciclo Opere di Misericordia corporale presentate in forma di trittico all’Esposizione d’Arte Sacra Cristiana moderna di Padova del 1930 e poi dallo Studio per un David della Quadriennale di Roma del 1931, in cui il corpo maschile diventa il centro focale dell’indagine cromatica e poetica di Janni, che lo assimila ad altri giovani protagonisti della Scuola Romana, tra cui Giuseppe Capogrossi (1900-1972) ed Emanuele Cavalli (1904-1981). Con loro condivide un intimismo tonale che non ha più nulla a che fare con il monumentalismo celebrativo della figura virile di Novecento e che quindi si presenta come una sorta di opposizione misurata e lirica alla linea propagandistica di regime. I corpi virili di Janni, santi, atleti, attori, sacerdoti, riflettono un’inquietudine interiore che si legge dai volti e dai fisici frementi e perfetti, indicatori di una tensione spirituale che corrisponde alla vicenda personale di Janni. Dalle lettere scambiate con Ziveri, si percepisce una dimensione angosciosa e melanconica, influenzata dalle letture di Schopehauer e Montaigne, che porterà l’artista ad allontanarsi definitivamente dalla pittura.

    Tra le ultime imprese, vi è la personale alla Galleria La Cometa del 1936, dove compaiono diverse opere tra cui Giovani atleti, Lo specchio e Figura d’aprile, seguita da una seconda personale nel 1937, anno forse più significativo per la produzione di Janni, cui appartiene anche la serie delle Cerimonie liturgiche. Un tonalismo volatile e sensibilissimo alla luce denota la Cerimonia liturgica n.2, dove i contrasti tra il rosso e le varie gradazioni di giallo incorniciano le figure, un vescovo e due sacerdoti, sospesi in un’atmosfera senza tempo che non ha nulla di celebrativo o retorico, ma anzi rivela un silenzio intimo e aggraziato. La tavola acquista importanza perché rappresenta uno degli ultimi sforzi pittorici di Janni: il 1937 è l’anno in cui, dopo aver visitato Parigi con Ziveri, decide improvvisamente di abbandonare la pittura, seppur nel suo momento di massimo successo, per dedicarsi esclusivamente allo studio della filosofia e all’impegnativo volume su Belli. Muore a Roma nel 1958.

    Elena Lago

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