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Pittore

Jose Gallegos y Arnosa


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Jose Gallegos y Arnosa

( Xeres 1857 - Anzio 1917 )

Pittore

    Jose Gallegos y Arnosa

    La dedica del dipinto reca la data 1909, proprio l’anno in cui venne venduta all’incanto, presso lo studio di via Margutta 54, la ricca collezione di mobili, oggetti e opere d’arte appartenuti all’artista. Si trattava di una raccolta che, a giudicare dalle immagini riprodotte nel catalogo della vendita condotta da Jandolo e Tavazzi, costituiva un’autentica galleria antiquaria, in linea con altri celebri e ricchi atelier romani, da Fortuny a Vertunni a Simonetti (Catalogo della pregevole raccolta di oggetti d’arte… Roma 1909).

    Broccati, legni intagliati e intarsiati, mobili rinascimentali, sculture in marmo, bassorilievi servivano a rappresentare lo status sociale del pittore affermato e a fornire materiale di prima mano per i dipinti destinati alla ricca borghesia internazionale. La specialità di Gallegos, istallatosi a Roma nel 1880, erano infatti interni di chiese e sagrestie (si veda Confesión del Museo di Storia della Religione di San Pietroburgo, pubbl. in Cabañas Bravo 2003, p. 315) in cui, con piglio aneddotico, metteva in scena frammenti di vita quotidiana, matrimoni, messe cantate, con una straordinaria profusione di dettagli che solleticavano la curiosità del pubblico e davano la misura del suo virtuosismo tecnico.

    Elementi, questi, che erano divenuti sinonimo di pittura alla moda da quando la Vicaría di Mariano Fortuny, dipinta tra Roma e Parigi, era stata esposta nel 1870, inaugurando un genere fortunatissimo nella colonia spagnola romana, da José Benlliure a Sánchez Barbudo. Dagli anni settanta, grazie all’istituzione dell’Academia de Bellas Artes a San Pietro in Montorio, Roma era diventata una seconda patria per gli artisti iberici che qui si perfezionavano, spesso istallandovi il proprio studio, come nel caso di Francisco Pradilla e José Villegas.

    In un suo scritto del 1878 Vertunni esprimeva tutto il favore di cui tale scuola godeva nel momento del suo apogeo: “la recente, l’ultima pittura spagnuola esulta nella più piccante e ghiotta modernità, nella ebbrezza, oso dire, di un colorito affascinante e ammaliatore, che saturo di luce e fin troppo pago di sé, si fa giuoco delle difficoltà della tavolozza, per rivelare la sfavillante poesia di eccezionali contrapposti e splendori” (Vertunni 1878, p. 24).

    Oltre agli interni Gallegos affronta anche scene all’aria aperta, con profusione di fiori e colori accesi, con i personaggi immersi in una luce zenitale che rimanda alle atmosfere andaluse che l’artista riproduceva pur dipingendo nella capitale. Si veda per confronto Colloquio galante, del 1907, appartenente alla collezione BBVA.

    L’utilizzo della tavola come supporto prediletto è probabilmente motivata dal desiderio di raggiungere una brillantezza cangiante, combinata con una tecnica minuziosa che, come in Primavera, dà l’effetto di una superficie pittorica in fermentazione. Eugenia Querci

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