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Pittore

Jules Pierre van Biesbroeck


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Jules Pierre van Biesbroeck

( Portici 1873 - Bruxelles 1965 )

Pittore

    Jules Pierre van Biesbroeck

    Jules Pierre van Biesbroeck nasce a Portici nel 1873, durante un viaggio in Italia dei suoi genitori. È figlio del pittore belga Jules Evarist van Biesbroeck e nipote di un affermato orafo di Gand. Dopo aver passato i primi due anni a Napoli, rientra con la famiglia in Belgio e, dimostrate ben presto eccellenti doti artistiche sotto la guida del padre – che gli impartisce i primi rudimenti di disegno -entra nell’Accademia di Belle Arti di Gand.

    Gli anni giovanili e le prime opere pittoriche di stampo accademico

    Precocissimo, esordisce a soli quindici anni presso la Mostra Triennale di Gand con il dipinto Il padre, ottenendo una tiepida accoglienza da parte della critica. Da una lettera piena di ricordi inviata a Vittorio Pica a Novecento inoltrato, sappiamo che questo evento suscita un moto di orgoglio nel giovane artista, che l’anno successivo, intenzionato a sorprendere il pubblico con la grande tela Le lancement d’Argos, partecipa al Salon des Champs- Elyséès di Parigi. Nonostante il dipinto risulti ancora legato a stilemi accademici, ottiene la menzione d’onore e soprattutto le lodi da parte dall’anziano pittore francese William Adolphe Bougueareau (1825-1905), di cui van Biesbroeck riporta l’esclamazione che tanto lo colpì all’epoca: «Come deve essere felice il buon David in cielo!».

    A parte questo primo e giovanile successo, almeno per tutti gli anni Novanta, l’artista continua a rimanere quasi invisibile agli occhi della critica, eccezion fatta per la monumentale tela Le Christ glorifié par les enfants, che gli fa ottenere il secondo posto al Prix de Rome del 1894.

    Il primo Novecento: tra scultura umanitaria e pittura simbolista

    Dall’anno seguente, inizia a studiare scultura, ottenendo ben presto ottimi risultati, fino al raggiungimento della totale affermazione all’Esposizione Universale di Parigi del 1900, dove, con il gruppo funerario Il popolo lo piange, dedicato al socialista Jean Volders, ottiene il diploma d’onore. Vittorio Pica, scriverà di questo monumento:  «vi era una così efficace semplicità emotiva, vi erano una tale vigoria e insieme eleganza di plastica che […] gli occhi ne provavano un senso di profondo sollievo e di letizia…»[1]. Sarà proprio Pica a proporgli di partecipare alla Biennale di Venezia, dove approda nel 1903 con l’altorilievo I nostri morti, che ancora presenta istanze di verismo e socialismo umanitario velato di un’intensità espressiva e drammatica che si rileva anche nel bassorilievo in gesso Adamo ed Eva trovano il corpo di Abele.

    Il successo presso le Biennali veneziane

    Le note di pathos che emergono dalle sculture, contraddistinte anche dalla solidità naturalistica delle pose e dalla sicurezza del modellato, unito frequentemente a linee più morbide, si riscontrano anche nelle opere pittoriche, cui Jules van Biesbroeck ricomincia a dedicarsi proprio in questi anni. Alla Biennale di Venezia del 1905 espone le sculture ancora permeate di socialismo umanitario Operaia di fabbrica e Operaie in veste da lavoro. Le tele, invece, si allontanano profondamente dall’intento verista e di denuncia, velandosi di un simbolismo delicato e sognante, generato anche da una pittura vaporosa e visionaria, perfettamente in linea con la coeva letteratura decadentista.

    Il tondo Leda rivela una forte sensibilità nei confronti del mito: il classicismo e le istanze neoellenistiche si fondono con una pittura morbida e con una luce soffusa che ritorna anche nel capolavoro La donna del pavone. In quest’opera, il riferimento alle teorie estetizzanti dell’art pour l’art contenute in À rebours di Huysmans e nel Piacere di D’Annunzio, ma anche al mondo magico e senza tempo dei preraffaelliti, sembrano trapelare dall’immagine di questa donna che tiene tra le dita un fiore, simbolo della vanitas delle cose terrene, così come lo è il variopinto pavone dietro di lei. Un inno alla bellezza e alla sua essenza effimera, che si rivela in una pittura atmosferica e opalescente e che riprenderà come modello per l’allegoria della Bellezza del 1907, che reca la scritta in greco kalos.

    Il successo di critica e di pubblico presso le Biennali Veneziane continua nel 1907 e nel 1909 con altre sculture tra cui Operaio estenuato, e poi alla Mostra Internazionale di Roma del 1911 con Un saggio e Forza, Bellezza e Saggezza. Sia nelle sculture che nelle opere pittoriche dell’artista belga si nota un continuo aggiornarsi alle teorie simboliste e secessioniste dei primi due decenni del Novecento.

    Durante le soste italiane, van Biesbroeck soggiorna spesso in Liguria, tra Bordighera e Sanremo, soprattutto nei momenti di collaborazione con l’architetto Silvio Gabbrielli. Ma ha molto cara anche la Sicilia, dove è frequentemente ospite, negli anni Dieci, dell’avvocato e amico Edoardo Alfano a Palermo.

    Uno dei suoi momenti più apprezzati dalla critica italiana rimane comunque la personale alla Galleria Pesaro del 1924. Vi espone una selezione di dipinti, disegni, pastelli e sculture che racchiudono l’essenza dell a sua opera plastica e pittorica, tra verismo e simbolismo. Due anni dopo, è di nuovo alla Biennale di Venezia, l’ultima cui partecipa prima di intraprendere un viaggio in Nord Africa dove rimane fino al 1938. Terminato questo periodo di esplorazione e sperimentazione, rientra a Gand, dove muore nel 1965.

    Elena Lago

     

    [1] V. Pica, Catalogo della Mostra individuale di Jules van Biesbroeck (Milano, Galleria Pesaro, aprile 1924), Milano, Bestetti & Tumminelli, 1924

     

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