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Karl Pavlovic Brullov Brjullov


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Karl Pavlovic Brullov Brjullov

( San Pietroburgo 1799 - Manziana 1852 )

Pittore

    Karl Pavlovic Brullov Brjullov

    Nasce a San Pietroburgo il 12 dicembre del 1799 da famiglia ugonotta di origini francesi, da tempo radicata nel mondo dell’arte: sia il padre, Pavel Ivanovich Bruleau, che il nonno e il bisnonno erano attivi nella scultura decorativa. Giovanissimo nel 1809 viene ammesso, insieme al fratello maggiore Alexander, alla locale Accademia di belle arti, in cui frequenta i corsi di Andrej Ivanov, Aleksej Egorov e Vasily Šebùev. Nel 1821 si diploma con successo, e il suo dipinto L’apparizione di Dio ad Abramo in forma di tre angeli alla quercia di Mambre (San Pietroburgo, Museo di Stato Russo) viene premiato con la medaglia d’oro. Stabilisce lo studio con il fratello Alexander presso la cattedrale di Sant’Isacco e inizia a dedicarsi alla ritrattistica.

    Nel 1822 insieme al fratello, diplomato come architetto, ottiene una borsa di studio della Società di incoraggiamento degli artisti per il perfezionamento all’estero. In questa occasione, data la difficoltà per gli stranieri di accedere alle sovvenzioni pubbliche, russifica il cognome in Brullov. Dopo aver visitato Riga, Memel, Königsberg, Berlino e Dresda, all’inizio del 1823, a causa di una malattia del fratello, si ferma per quattro mesi a Monaco, dove realizza ritratti di membri del governo bavarese e frequenta i corsi dell’Accademia. Parte dunque alla volta dell’Italia: soggiorna a Venezia, Padova, Verona, Mantova e Bologna, giungendo infine il 2 maggio a Roma.

    Nella città papale prende uno studio al Quirinale e frequenta la comunità degli artisti, nobili e intellettuali russi, tra cui la contessa Julia Pàvlovna Samòjlova, alla quale si lega sentimentalmente, il principe Gagarin e l’industriale e mecenate Anatoly Demidov. Lavora in Vaticano a una copia a grandezza naturale della Scuola d’Atene di Raffaello e realizza ritratti, dipinti a soggetto biblico, mitologico e di genere, ispirati a scene di vita popolare italiana.

    In quest’ambito notevole successo riscuote Mattino italiano, del 1823 (Kiel, Kunsthalle), che, esposto a San Pietroburgo – nel 1825 all’Accademia di belle arti e nel 1826 alla Società per l’incoraggiamento degli artisti – viene premiato dallo Zar Nicola I con un anello di diamante. Durante l’estate del 1827 visita per la prima volta gli scavi di Pompei ed Ercolano e il Museo archeologico di Napoli e comincia una vasta tela a soggetto storico, Gli ultimi giorni di Pompei (San Pietroburgo, Museo Russo). Si lega ad Anatoly Demidov con un contratto che obbliga l’artista a terminare l’opera entro il 1830. Vi lavora per diversi anni, durante i quali continua la sua produzione ritrattistica, mitologica, storica e religiosa.

    Intanto, nel 1830, la copia della Scuola d’Atene è presentata all’Accademia di San Pietroburgo. Nel 1833, con tre anni di ritardo rispetto al contratto, conclude L’ultimo giorni di Pompei. L’opera, esposta nell’atelier dell’artista a via San Claudio, riscuote entusiastici consensi, e viene successivamente inviata all’Accademia di Brera di Milano (1833), al Salon parigino (1834), dove ottiene la medaglia d’oro, nonché all’Hermitage e all’Accademia di San Pietroburgo (1834). Anatoly Demidov decide di donare la tela allo zar, che a sua volta la dona all’Accademia di San Pietroburgo.

    L’ampio successo gli vale in Italia l’elezione a membro onorario delle accademie di Bologna Firenze, Parma, mentre in Russia è insignito dell’onorificenza dell’ordine di Sant’Anna di terzo grado e del titolo di professore di secondo grado dell’Accademia. Intanto, nel 1834 vive tra Milano e Como, presso la villa della contessa Samòjlova, dove prosegue nella sua attività di apprezzato ritrattista. Sono di questo periodo il ritratto della contessa insieme alla figlia adottiva Giovanna Pacini (Washington DC, Hillwood Museum), una serie di ritratti in costume a tema teatrale e musicale come Giuditta Pasta nella scena della pazzia della Anna Bolena di Donizetti (Milano, Museo del Teatro alla Scala), La cantante Fanny Tacchinardi Persiani (San Pietroburgo, Museo dell’Accademia), e un altro dipinto di soggetto storico, La morte di Ines de Castro, esposto a Brera nel 1834 (Mosca, Museo di Stato Russo). Nel 1835 parte insieme al conte Vladimir Orlov-Davydov per un viaggio in Grecia e Turchia durante il quale esegue studi di paesaggio e scene di genere finalizzati all’illustrazione delle Note di viaggio del conte.

    Nel dicembre del 1835 torna nella madrepatria. Trascorre un periodo a Mosca realizzando ritratti, tra cui il Ritratto del conte Alexei Tolstoy (San Pietroburgo, Museo di Stato Russo). Rientra quindi nel maggio 1836 a San Pietroburgo, dove è accolto con celebrazioni in suo onore. Lo Zar lo invita a eseguire un quadro raffigurante la presa di Kazan, ma l’artista chiede invece di essere autorizzato a dipingere Re Stefano Batory di Polonia durante l’assedio di Pskov nel 1581. Si reca quindi a Pskov per studiare l’ambientazione della tela, alla quale lavorerà a lungo per poi lasciarla incompiuta nel 1843 (Mosca, Galleria Tretyakov). Fino al 1849 ha l’atelier all’interno dell’Accademia, dove tiene il corso di pittura storica.

    Disegna scene e costumi per l’opera Ruslan e Lyudmila di Mikhail Ginka (1837) e prosegue nella produzione di ritratti di membri dell’aristocrazia russa e della famiglia imperiale, di quadri a tema storico (l’incompiuto Il sacco di Roma da parte di Genserico, 1836, Mosca, Galleria Tretyakov) e orientalista (La fontana di Bakhi Sarai, 1838-49, Mosca, Museo Puškin). Numerose anche le opere a soggetto religioso, tra cui una pala d’altare per la chiesa luterana dei Santi Pietro e Paolo a San Pietroburgo (1838), diversi lavori per la cattedrale di Kazan (1839), una pala d’altare per la Cattedrale della Trinità nel monastero di San Sergio a Strelna (1840), un Cristo risorto per la chiesa del Salvatore a Mosca (1843) e le decorazioni murali – non terminate – per la cattedrale di Sant’Isacco a San Pietroburgo, in cui è attivo insieme a Fyodor Bruni, Vasily Shebuyev e Alexei Markov (1943-1948). Nel gennaio 1839 sposa Emilia Timm, di Riga. Il matrimonio dura solo pochi mesi.

    Nel 1849, nonostante la salute precaria, insieme agli artisti Mikahail Zheleznov e Nikolai Lukashevich viaggia per la Polonia, la Prussia, il Belgio, l’Inghilterra e il Portogallo, giungendo fino a Madeira, dove frequenta la locale colonia russa. Appartiene a questo periodo Promenade, esposto nel 1850 all’Accademia di San Pietroburgo, un acquerello in cui ritrae se stesso insieme al duca Massimiliano di Leuchtenberg, il suo segretario Evgeny Moussar con la moglie, il principe e la principessa Bagration, Mikahail Zheleznov e Nikolai Lukashevich. Dopo aver attraversato la Spagna, nel 1850 decide di stabilirsi a Roma, nella speranza di trarre vantaggio per la sua salute dal clima più mite.

    È ospite dell’amico Angelo Tittoni, esponente dei movimenti risorgimentali, prima in via del Corso, poi nella casa di campagna di Manziana, da dove si reca frequentemente a Stigliano per le cure termali. Ritrae in questi anni i membri della famiglia Tittoni (tra cui Giulietta Tittoni in veste di Giovanna d’Arco, Roma, collezione privata), lo studioso orientalista Michelangelo Lanci (Mosca, Galleria Tretyakov), lavora a scene di genere, a un dipinto di soggetto orientalista, Secondo il comandamento di Allah la camicia viene cambiata una volta l’anno, noto in varie versioni, e all’allegoria Il Tempo che distrugge tutto (non realizzata).

    Nella sua ultima opera, Diana sulle ali della notte, esprime il sentimento della morte imminente ritraendo la notte attraverso le sembianze di una donna in volo su Roma con Diana, dea della luna, addormentata sulle sue ali, e, in basso, il cimitero acattolico di Testaccio, quasi a indicare il luogo dove poi sarebbe stato sepolto. Il 23 giugno 1852 si spegne a Manziana per un aneurisma aortico.

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