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Pittore
Lionello Balestrieri
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Lionello Balestrieri
Dal piccolo paesino di Cetosa in provincia di Siena, si trasferisce da giovane prima a Roma, dove studia per qualche tempo presso l’Accademia di Belle Arti, e poi a Napoli. Qui si iscrive all’Istituto di Belle Arti seguendo i corsi di Gioacchino Toma, ma si avvicina anche al verismo di Filippo Palizzi e soprattutto a Domenico Morelli, a cui si ispira per una pittura storica e letteraria di forte impronta verista.
Vinto il pensionato nel 1896, studia per qualche tempo a Parigi e vi rimane fino al 1914, esponendo ai Salon dal 1897. Parteciperà a queste rassegne fino al 1909, presentando opere quali In attesa di gloria, Mimì Mimì, Il Quattordici Luglio, Una scena tratta dall’Oeuvre di Zola (che ottiene la medaglia d’oro), Chopin e Lettrice.
Questi dipinti già dimostrano l’indirizzo della sua poetica: si fa interprete di dipinti di storia o di genere dalla forte valenza sentimentale. Il successo arriva immediato quando nel 1899, all’Esposizione Nazionale Parigina presenta Beethoven. Alla mostra della Società Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma del 1902 espone Canto IX del Paradiso, alla Triennale del 1903 Pensierosa. Alla Biennale di Venezia dello stesso anno presenta Gli ultimi giorni di Domenico Morelli e a quella del 1905 ben otto opere, tra cui Decadenza, Sconosciuta, Una birreria a Montmartre, Effetto di luna.
Quest’ultima indica come Balestrieri non si sia occupato solo della pittura di ricorstruzione storica o di quella di genere, ma anche del paesaggio. Alla Biennale del 1907 espone infatti Vecchio ponte d’Heidelberg, Il crepuscolo degli dei e La morte del poeta e l’anno successivo Raccoglimento, Mattutino, Cyrano e Parsifal. Continua a partecipare regolarmente alle Biennali fino al 1930 dopo aver fatto ritorno, nel 1914, a Napoli per ricoprire l’incarico di direttore del Museo Industriale e dell’Accademia.
Proprio nel 1914 invia alla Biennale Il pastore, Mam’zelle Chiffon, La fattoria e L’aratura. Risale al 1925 la sua personale presso la Galleria Pesaro di Milano, in cui espone più di centotrenta opere tra paesaggi, scene di storia e di genere, influenzate dallo stile impressionista. Tra di esse compaiono Sonata a Kreutzer, Il Canale S. Martin a Parigi, Lavori alla metropolitana di Parigi, Lucia, Tristano e Isotta, Walkiria, La toilette della bombola, Werther e Carlotta, Un angolo di Piazza del Plebiscito di notte.
Abile anche nell’acquaforte e nel pastello, negli ultimi anni espone opere grafiche di una certa intensità, come l’acquaforte Sera. Intorno agli anni Venti si avvicina alla poetica futurista, occupandosi soprattutto di dipinti di carattere celebrativo come Penetrazione, presentata alla Biennale del 1926 o Mussolini esposta a quella del 1930, l’ultima a cui partecipa.
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