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Pittore
Luciano Nezzo
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Luciano Nezzo
Pittore veneto, nato a Badia di Rovigo nel settembre 1856, mostrò inclinazione nell’arte fino dai primi anni, ed ebbe a maestro Marco Vallerini.
Un Mecenate che si avvide della inclinazione del giovanetto lo inviò a sue spese all’Accademia di Belle Arti di Venezia, ove studiò dieci anni, e ne uscì all’età di venti, premiato con medaglia d’oro per le sue composizioni: “Il Tasso al letto di morte di Eleonora d’Este” e “Leonardo da Vinci nell’atto di ritrarre Madonna Lisa”.
Appena uscito dall’Accademia, andò soldato; e appartenendo al 41° Reggimento fanteria che stanziava a Milano, trovò modo d’inscriversi all’Accademia di Brera, ove proseguì a studiare.
Tornato in patria, fu nominato Professore di pittura nell’Accademia di Belle Arti di Urbino.
Tra i suoi lavori meritano singolare menzione due dipinti mandati alla Esposizione di Rovigo del 1887, e che ottennero una medaglia d’argento; il “Ritratto eseguito a S. M. il Re Umberto” e da lui regalato alla stessa Maestà Sua, e il quadro intitolato:” Invitati a pranzo”.
Egli ha eseguito inoltre i quadri: “Alla finestra”; “Buon giorno”, esposti l’uno a Torino nel 1884 l’altro a Roma nel 1883 e i quadri: “Mastro Piero”; “Rebecca”, ed altri molti, nonchè una gran quantità di “Ritratti” di vari personaggi ragguardevoli.
A proposito del quadro “Invitati a pranzo”, riportiamo qui sotto il giudizio di un critico della Esposizione artistica nazionale illustrata, Venezia 1887:
«Disegno correttissimo, composizione rispondente a un preconcetto della linea e un pochino accademica, colore sostanzioso, pittura solida, cura minuziosa e paziente di ogni partìcolare, soggetto mite, famigliare, tranquillamente campagnuolo e simpatico.
Il quadro ha trovato un compratore.
I vecchi coniugi hanno invitato a pranzo il gatto ed il piccione, e son là intenti, tutti compresi dell’obbligo sacrosanto che loro incombe di soddisfare ai doveri dell’ospitalità.
La loro vita sta racchiusa interamente nel circolo di quella tavola da pranzo, la vecchia si occupa del gatto, un gatto ben pasciuto e ben lisciato, il vecchio del piccione, un piccione ardito e che approfitta della cortesia del padrone per far pompa della sua arditezza.
La testa del vecchio forse rasenta nel tipo prescelto la caricatura, ma la testa della vecchia è d’una verosimiglianza e d’un’espressione irreprensibili.
Le bestie son trattate a punta di pennello così che conteresti i peli del gatto e le penne del piccione.
Ogni altro partìcolare, le erbe, le stoviglie, le vesti, i mobili, hanno l’aspetto di cose reali appiccicate sul quadro.
L’artista, che si compiace delle bizzarrie, dirà che l’impressione del vero si perde in tanto studio di minuzie; ma noi diciamo che l’impressione del vero non si perde quando l’artista sa, come il Nezzo, schivare nello studio minuto dei partìcolari la durezza del tratteggio e dell’assieme.
Insomma “Invitati a pranzo” è un bel quadro, considerato nella semplicità, anzi nella rusticità del soggetto; considerato nella diligenza sapiente dell’esecuzione.
Dimostra nel suo autore una profonda cultura tecnica e una coraggiosa sincerità di ideali estetici».
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