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Scultore
Mario Restelli
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Mario Restelli
Scultore attivo soprattutto in area lombarda, è conosciuto prevalentemente per gli oggetti d’arte applicata e gli eleganti soggetti animalier. Cesellatore abilissimo, ha sempre donato alle sue sculture minuziosi dettagli a sbalzo che impreziosiscono le superfici in bronzo e argento di spiccato gusto déco.
Scarne risultano le informazioni sulla sua vicenda biografica: la precoce passione per il disegno e la frequentazione della Scuola Superiore d’Arte Applicata del Castello Sforzesco dal 1909 sotto la guida di Eugenio Pellini, conducono Restelli, uomo schivo e dedito al lavoro, a raccogliersi instancabilmente attorno alla modellazione nel suo studio milanese in via Vincenzo Monti, passando con agio dalla scrupolosa oreficeria, alla scultura animalier, alle ricercate suppellettili, dove la lavorazione della materia assume un carattere di fondente duttilità, chiara eredità della plastica scapigliata. La sua produzione, che inizia negli anni Venti e si protrae fino agli anni Sessanta, è formata da un ricchissimo corpus di opere dal superbo aspetto formale e dall’accezione talvolta favolistica, che fa raccogliere attorno a Restelli un intimo e appassionato gruppo di collezionisti della borghesia milanese, giunti a lui tramite noti gioiellieri e argentieri del centro, tra cui Aristide Chiappe. Nonostante il lavoro di Restelli sia quasi rimasto nascosto, oggi segretamente conservato nelle collezioni private, è comparso in diverse esposizioni, a cominciare dal 1925, quando ottiene la medaglia d’oro all’Esposizione d’Arte Decorativa di Parigi. Nello stesso anno, con Testa vecchia, Sospiri e Toilette della sera partecipa alla mostra della Famiglia Artistica di Milano, di cui è socio.
Alla Biennale di Venezia del 1930 ottiene il primo premio della Mostra dell’Orafo, con alcune piccole sculture, tra cui la Vittoria, che si libra nello spazio con moderne curve dinamiche. Pur se trattate con estrema precisione di cesellatore, risultano in egual modo magiche e fluttuanti le suppellettili in argento, come le scatoline o le teiere che hanno al posto dei manici minute scimmiette o delicate ballerine dal corpicino bidimensionale. In questa occasione viene notato da Ugo Nebbia per il suo saper «risaltare, sia nello sbalzo, sia in certe plastiche di nudini femminili o d’animali, abilmente giocate con le ombre di lastre argentee ritagliate e atteggiate con senso gustoso di forma…» (Nebbia 1930, p. 234). Nel 1933 espone alla Sindacale lombarda una delle sue opere più significative, il Ritratto di Eugenio Pellini a sbalzo; vi ritorna nel 1936 con il Luccio, che fa parte del vasto repertorio dedicato alla fauna locale ed esotica. Le scimmie, particolarmente amate dallo scultore, vengono ritratte con capacità sintetica, vivacità d’espressione, molteplici atteggiamenti e pose insolite, studiate durante le sue incursioni nel giardino zoologico di Porta Venezia. Nel 1937 espone una curiosissima Scimmia allo specchio in bronzo, simbolo del giocoso spirito che denota molte delle sue antropomorfe opere animalier. Se questo esemplare in bronzo si distingue per la gestione sintetica dei piani, dalla Scimmia di molto precedente, datata 1923, emerge l’aggraziata e brillante abilità compositiva di Restelli, nella scelta originalissima di modellare la testa dell’animale come una sorta di maschera funeraria. Il volto, espressivo, vibrante e frastagliato, dà l’idea di non finito e di sconfinamento nell’atmosfera, come mostra lo sbuffo di materia quasi fluida che si espande sulla sinistra, fornendo un felice contrasto cromatico con la chiarezza del marmo che fa da fondale.
Elena Lago
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