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Pittore
Michele Rapisardi
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Michele Rapisardi
Ereditò dal padre, valente pittore, un vivace talento e la vocazione alla tavolozza. Completati gli studi letterari e ottenuta dal Municipio di Catania una pensione, recatosi a Roma, entrò nello studio del cav. Costa, e in breve acquistò franchezza di disegno e di pennello. Ne sono prova parecchi premi ottenuti all’Accademia di San Luca. Fu premiata una “Vestale”, copia fatta da un lavoro del suo maestro, e anche una “Rebecca”, d’invenzione sua.
Dopo quattro anni passò a Firenze a studiarvi i classici del XIII e XIV secolo. Si recava quindi a Venezia, poi a Parigi visitando i capolavori della pittura di tutti i tempi e di tutte le scuole. Dappertutto studiava, disegnava, dipingeva e a grado a grado si formava uno stile e acquistava un magistero tutto suo per la composizione facile e larga, pel trattamento della forma umana e delle pieghe.
Il Rapisardi, entusiasta dei classici, li prese a modello, non solo per la espressione delle scene storiche e dei soggetti mistici, ma anche per la maniera di dipingere, maniera che appena sente gl’influssi della pittura moderna. Il tecnicismo del Rapisardi, e per quel molto che ha dei vecchi, e per quel poco che trae dai tempi nuovi, ha tuttavia quella omogeneità, quell’indirizzo deciso, quella fusione che danno carattere e forza ad una personalità pittorica.
La sua estetica, sia che svolga un pensiero religioso, o storico, o drammatico, è sempre animata da un caldo alito di sentimento, da un affiato di vitalità. Infinito è il numero dei suoi quadri, e qui non accenneremo che a quelli di maggior grido: “Un episodio dell’assedio di Messina del 1301”; “I primi poeti italiani della Corte di Federico II in Sicilia”; “Vatti a far monaca!…”, (scena dell’Amleto); “La prima sventura di Luigi Camoens”; “Le castellane e il menestrello”; “Il trovatore cacciato in bando”; “Dante e Beatrice”; “La fuga di Bianca Cappello”; “Le maggiolate”; “Ofelia pazza”; “I Vespri Siciliani”. Fece anche parecchi quadri sacri, e si possono vedere i più importanti nelle chiese della sua Catania. Fece “San Benedetto”; “L’Immacolata”; “La cena in Emaus”; “Il sacrificio di Gedeone”; “San Vito”; “Le Vergini di Sion”; “San Luigi Gonzaga”; “L’Addolorata”; “Sant’Agata in carcere”.
A proposito dei dipinti del Rapisardi, la critica talvolta vi trovò delle pecche nel disegno, degli anacronismi nei costumi; sempre però fu lodato (e specialmente nei “Poeti alla Corte di Federico”) pel suo grande magistero d’insieme, per la perizia nel raggruppare le figure, di temperare la luce colle ombre, e soprattutto pel fascino del colorito.
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