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Pittore
Pasquale Celommi
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Pasquale Celommi
Gli oli su tela di grandi dimensioni di Pasquale Celommi dedicati alle tradizioni folkloriche abruzzesi hanno quotazioni tra i 4.000 euro e gli 11.0000 euro circa. Cifre maggiori per le marine di Roseto degli Abruzzi particolarmente ampie e con figure. Le piccole tavole oscillano tra i 1.000 e i 3.000 euro.
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Pasquale Celommi nasce nel 1851 a Montepagano, una frazione di Roseto degli Abruzzi, in una famiglia di pescatori. Viene quindi subito indirizzato al mestiere della pesca, ma manifesta da bambino spiccate doti disegnative e di osservatore. Queste qualità vengono notate da Camillo Mezzopreti, un aristocratico e collezionista del paese natale, che lo aiuta finanziandogli gli studi iniziali. Nel 1873 vince il concorso per il pensionato artistico indetto dalla provincia di Teramo grazie al quale si trasferisce a Firenze per frequentare la Scuola libera di nudo all’Accademia di Belle Arti, avendo come maestro Antonio Ciseri e formandosi nell’ambiente verista che lo circonda.
Il suo esordio avviene nel 1880 alla Promotrice di Torino con Vecchio (mezza figura abruzzese) e Odalisca, dimostrandosi un attento interprete delle tradizioni e dei costumi abruzzesi. La sua pittura infatti è vicina, soprattutto nella scelta dei soggetti folkloristici, alla ricerca del conterraneo Francesco Paolo Michetti. I suoi soggetti sono marinai, pescivendole, pescatori, umili lavoratori resi con colori vividi e una pennellata luminosa. Altro soggetto popolare e abruzzese è La tarantella presentato all’Esposizione di Roma del 1883. Un dipinto dalla tematica aneddotica è invece Un piatto rotto in cucina esposto alla Promotrice di Genova nel 1886.
Spiagge, campi pianeggianti o paesaggi dell’entroterra fanno da sfondo alle scene rappresentate, sottolineando la grande devozione che nutre il pittore per la natura caricandola di una valenza spirituale. Anche la luce partecipa ad infondere un senso religioso ai paesaggi, divenendone una caratteristica principale.
Il mare è una delle fonti di ispirazione per l’artista e infatti decide di aprire il suo studio proprio di fronte all’Adriatico, il cosiddetto “castelletto”, una torretta in stile medievale che si fa costruire appositamente per osservare vari scenari dalla sua finestra. Questo luogo diviene con il tempo un cenacolo culturale nel quale si riuniscono gli esponenti più importanti della cultura dell’epoca come Gabriele D’Annunzio, il già citato Michetti, Francesco Paolo Tosti e Vincenzo Bindi.
Nonostante l’artista rimanga a vivere a Roseto degli Abruzzi ottiene un consenso di critica e di pubblico e le sue tele vengono apprezzate anche sul mercato estero, specialmente da rivenditori anglosassoni.
Nel 1892 prende parte alla Promotrice di Genova con La Cafonetta, La dichiarazione e La lavandaia, tre opere che richiamano i protagonisti e le tradizioni popolari abruzzesi. Nel 1895 ottiene un grande successo con Il ciabattino esposto all’Esposizione di Roma; mentre partecipa alla Promotrice di Torino nel 1898 con Il mio gioiello.
A questa produzione folkoristica alterna un’attività di carattere sacro come La crocefissione e La sacra famiglia realizzate nella Chiesa di S. Maria Assunta di Roseto degli Abruzzi.
Dall’inizio del Novecento inizia ad aiutarlo suo figlio Raffaello che ne eredita il talento. In questi anni lavora in modo continuativo per la galleria dei fratelli D’Atri di Roma e per alcune gallerie estere. Muore a Roseto degli Abruzzi nel 1928.
Emanuela Di Vivona
Il sito viene aggiornato costantemente con opere inedite dei protagonisti della pittura e della scultura tra Ottocento e Novecento.