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Pittore, Scultore

Romano Dazzi


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Romano Dazzi

( Roma 1905 - Lima 1976 )

Pittore, Scultore

    Romano Dazzi

    Romano Dazzi nasce a Roma nel 1905, figlio dello scultore Arturo, cresce in uno stimolante ambiente artistico, tanto che a soli quattordici anni la Galleria d’Arte Bragaglia espone centoquaranta dei suoi disegni e l’introduzione al catalogo viene firmata dal critico e giornalista Ugo Ojetti, amico di famiglia.

    La mostra riscuote un notevole successo e tra i soggetti prediletti presenta al pubblico scene di combattimento e straordinari ritratti di animali selvaggi che in realtà ritrae al parco zoologico di Villa Borghese, luogo in cui trascorre spesso intere giornate ad osservare le varie specie animali. Nel 1920 partecipa alla sua prima Biennale di Venezia con sei lavori che denotano subito la sua abilità nel rappresentare questo mondo, come Aquila, Cane, Cinghiali, Scimmie, seguiti da Bambina e Bimbo.

    Un disegno dal tratto vigoroso 

    Ugo Ojetti comprende immediatamente il potenziale del giovane artista, nonostante il suo stile sia caratterizzato da un segno acerbo, impulsivo ed espressionista che si adatta poco al gusto del critico. Prova infatti ad indirizzarlo verso un linguaggio più pacato ed ordinato pienamente iscritto nei dettami del ritorno all’ordine, ma Romano Dazzi si sente lontano da questo percorso e qualche anno dopo il loro rapporto giunge al termine.

    La campagna di documentazione in Libia

    Nel 1923 riceve l’invito da parte del Governo italiano a documentare la spedizione militare in Libia con una campagna di disegni. Il pittore accetta e parte per l’Africa al seguito del maresciallo Graziani. Sarà questa un’esperienza che lascerà il segno nell’animo e negli occhi dell’artista, realizzando un lavoro di un’eccelsa qualità. In questa serie si avvicendano disegni di soldati, ritratti di libici, beduini nel deserto o Ascari che rende con estrema intensità, aiutato da una vigorosa linea espressiva e spesso da un accentuato chiaroscuro. Il fascino per l’Oriente rimarrà poi una costante nel suo lavoro futuro insieme alla straordinaria attività di animalier.

    Le suggestioni orientali e l’esaltazione dell’atleta nella sua produzione grafica

    Nel 1924 gli viene dedicata un’importante personale di ben centosedici lavori nella mostra “L’odierna arte del bianco e nero: Romano Dazzi”, e tra le varie opere troviamo disegni frutto del viaggio in Africa come Araba che ride, Prete copto, Ascari eritrei all’assalto, Acari che passano, Azidaia, Il Ghibli, La colonna di Meharisti, Il morto, Nell’Oasi, Tuareg morto, La sentinella e L’ufficiale ferito.

    Nella sua carriera ottiene inoltre importanti commissioni come l’incarico di decorare l’Aula Magna dell’Accademia di Educazione Fisica nel 1926, terminando il lavoro nel 1932.

    Nel 1930 prende parte alla Seconda Mostra del Sindacato fascista del Lazio con cinque lavori Femmina d’orango, Ritratto, Il morto, Leonessa e Pugilatore, quest’ultimo testimonianza di un’altra ricca produzione dell’artista dedicata ad atleti come pugili o tuffatori, con cui ottiene il premio per la pittura alle Olimpiadi di Berlino nel 1936. Nello stesso anno è infatti presente alla Sindacale fascista del Lazio con 9 opere che riflettono sempre sulle tematiche atletiche o tornano alle suggestioni del suo viaggio in Libia come Il tuffo, Il salto, L’arrampicata, La scalata, ed Eritreo ferito, Eritreo all’assalto, Sahariano o Eritreo danzante.

    Nel 1940 torna alla Biennale di Venezia con tredici opere tra le quali troviamo Meharista, Dubat caduti, Notturno, Nudo, Cammello che si inginocchia e Leone somalo.

    In questi anni l’artista si concentra sulla resa del movimento, l’idealizzazione delle forme e il non finito, una ricerca che sarà però votata al fallimento perché non rispecchia le linee guida imposte dal ritorno all’ordine che è il gusto estetico di riferimento in quel momento. Romano Dazzi scompare a Firenze nel 1976 a settantuno anni.

    Emanuela Di Vivona

     

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