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Pittore

Romolo Del Bo


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Romolo Del Bo

( Pavia 1870 - Milano 1936 )

Pittore

    Romolo Del Bo

    Romolo Del Bò nasce a Pavia nel 1870, e dimostrando fin da subito una forte propensione al disegno e al modellato, viene mandato a lavorare come scalpellino alla bottega di Argenti, scultore della sua città. Viste le sue innegabili doti viene incoraggiato a recarsi a Milano per continuare la sua formazione, poiché Pavia non offre possibilità di studio in una vera e propria scuola di scultura. Frequenta così l’Accademia di Brera, allievo dello scultore verista Francesco Barzaghi. Il suo esordio espositivo avviene nel 1891 proprio a Brera e da quel momento in poi parteciperà a diverse rassegne nazionali.

    Un linguaggio eterogeneo tra verismo sociale ed impressionismo

    L’artista trascorre un paio di anni a Parigi, dove perfeziona i suoi studi, ed entra in contatto con la poetica impressionista. Infatti le prime opere si presentano come una fusione del linguaggio verista lombardo e quello impressionista. Frutto di tali suggestioni è per esempio l’opera presentata alla Triennale di Brera nel 1894, La vedova del minatore, nella quale affronta temi di natura sociale modulati secondo la scultura di genere, il verismo e l’impressionismo. Tale tematica torna anche all’Esposizione di Torino del 1898 alla quale presenta Lavoratore della terra morto, e nel Cristo morto esposto alla Biennale di Venezia dell’anno successivo. Queste opere sono cariche di una forte tensione emotiva e drammatica.

    Il fascino del simbolismo secessionista applicato al linguaggio lombardo

    All’inizio del Novecento lo scultore si avvicina invece alla poetica simbolista della Secessione e al linguaggio di Adolf Wildt, soprattutto al suo modo di trattare il marmo. Infatti le figure di Romolo Del Bò sono caratterizzate da un formalismo sintetico, ma restano legate alle forme allungate e sensuali del maestro Barzaghi, all’illuminismo lombardo e all’impressionismo di Medardo Rosso. Tali influenze eterogenee sono riscontrabili in lavori come Melodia e Madre presentati alla Biennale di Venezia del 1907, Silente esposta all’edizione successiva, ed Enigma, busto femminile dal chiaro gusto floreale, con cui prende parte alla Biennale del 1910. L’anno seguente partecipa all’Esposizione di Roma con La notte, opera simbolista che lo consacra definitivamente. In questi lavori ritroviamo la soavità e la leggerezza liberty, e un gioco di dolci chiaroscuri che si crea nelle curve dei bronzi o dei marmi.

    La sintesi formale dei dettami novecenteschi

    Nel 1914 viene invitato nuovamente alla Biennale di Venezia con due opere Elevazione e Primavera grigia; e nel 1920 partecipa con Allo specchio e Giovinezza. Negli anni Venti lo scultore si avvicina ai dettami del Ritorno all’ordine, inaugurando un periodo di maggior chiarezza formale.

    Alle Biennale di Venezia del 1924 presenta Aurora ed Elegia, poi nel 1926 partecipa alla prima Mostra di Novecento con due bronzi, tra cui il busto femminile Visione; mentre nel 1929 espone Venere dormente alla Mostra degli artisti contemporanei alla Galleria Pesaro di Milano. Quest’ultima scultura riprende evidentemente il tema classico della Venere dormiente che ha percorso tutta la storia dell’arte, dimostrando la sua adesione alle tematiche novecentiste nella ripresa dello studio dell’antico e del Rinascimento. I lavori di questo periodo sono caratterizzati da rarefatti chiaroscuri che rendono quasi evanescente la figura rappresentata.

    Lo scultore lavora inoltre al Cimitero Monumentale di Milano, che accentra il lavoro di molti artisti a lui contemporanei, realizzando nel 1915 la Tomba Carozzi e nel 1922 la stele funeraria per la tomba Guazzini. Scompare a Milano nel 1936, a sessantasei anni.

    Emanuela Di Vivona

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