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Pittore

Vincenzo Catalano


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Vincenzo Catalano

( attivo nella metà del XIX secolo a Napoli )

Pittore

    Vincenzo Catalano

    Una figura femminile avanza nell’oscurità cinta da una veste che nulla lascia all’immaginazione, aderente alle forme del corpo e cedevole da un lato, tanto da lasciare scoperto un turgido seno. Questa lattea apparizione – che illumina la notte con la propria presenza, piuttosto che con la candela da lei portata nella mano destra – è la protagonista di un quadro che vive di suggestioni romantiche, tutte espresse nello scenario naturale dominato dalla rovina sulla destra e rischiarato dal chiaro di luna. Sembra di sentire, nel silenzio della notte, lo sciabordio della piccola cascata sulla sinistra che aziona il mulino a pelo d’acqua. La giovane donna, scalza e discinta, è colta a camminare su di un’asse di legno posta a mo’ di ponticello per oltrepassare il corso d’acqua, procedendo sorridente e assente verso lo spettatore.

    Non è difficile identificare nel soggetto di questo dipinto la sonnambula Amina, la celebre protagonista dell’opera ambientata in un imprecisato villaggio della Svizzera che Bellini compose su libretto di Felice Romani e che debuttò la sera del 6 marzo 1831 al Teatro Carcano di Milano con la celebre Giuditta Pasta nei panni del personaggio principale. Nella piuttosto nutrita fortuna iconografica di questo soggetto, rispetto ad altre raffigurazioni come le litografie fiabesche di William Hall & Son di metà Ottocento, il dipinto del simbolista ceco Maximilián Pirner (1878), quello dell’accademico francese Édouard Rosset-Granger (1897), in questa opera rivive anche il ricordo della Lady Macbeth sonnambula, eternata su tela dal genio di Füssli (1784). Ma rispetto a quella visione allucinata e onirica, punto di riferimento per gli artisti successivi, qui siamo in presenza di una traduzione piuttosto accomodante, seppur venata da un coté sensuale ed erotico, del singolo episodio tratto dall’opera belliniana.

    Copie di questo dipinto sono comparse sul mercato antiquario con il titolo A moonlit rendezvous, riferibili alla produzione ottocentesca europea di area romantica dominata da visioni suggestive e trasognate di derivazione teatrale. Perplessi lascia l’attribuzione di questi quadri ad Andrei Franzowitsch Belloli, al secolo Andrea Belloli, pittore nativo di Ronciglione, nel Viterbese, formatosi all’Accademia di San Luca tra il 1842 e il 1843 con Tommaso Minardi e trasferitosi poi a San Pietroburgo nel 1859, dove si specializzò in ritratti e in quadri aventi per protagoniste belle e giovani fanciulle spesso nude e intente al bagno. Confrontando, infatti, alcune di queste figure femminili con la sonnambula in oggetto risaltano le differenze, soprattutto nel modo di trattare l’epidermide e nella realizzazione degli ovali. Nel nostro caso, ci troviamo dinanzi a un artista accademico, come si evince dagli insistiti giochi e ripieghi della veste e dalla definizione di mani e piedi. L’opera va ricondotta all’autore Vincenzo Catalano, pittore attivo alla metà del XIX secolo alla corte borbonica del quale è noto un interessante dipinto dal titolo Petrarca alla corte di Roberto d’Angiò, una composizione tipica del periodo che ricostruiva con fantasia e partecipazione un episodio storico e culturale del passato come per l’appunto la presenza del poeta aretino nella Napoli del sovrano francese. È in particolare il modo di rendere gli occhi a posizionarci su questa attribuzione, rafforzata dal fatto che, all’interno del Catalogo di Belle Arti poste in mostra nel Real Museo Borbonico il dì 15 Agosto 1848, di questo pittore, indicato come professore onorario del Real Istituto di Belle Arti, compare un’opera così descritta: «N. 208. Sonnambula. Spensierata, indecisa, attraversa lentamente un ponte, rischiarandola, da una parte il lume della sua lucerna, e dall’altra l’incerto chiarore di luna. Quad.».

    Giulio Brevetti

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