OPERA NON DISPONIBILE
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Cagnaccio di San Pietro

(Desenzano del Garda 1897 - Venezia 1946)

La preghiera (1932)

Misure: sanguigna su carta

Tecnica: cm 80 x 58

Firmato in basso a destra: “IV 1932 Cagnaccio di San Pietro”

Provenienza: Milano, collezione privata

Note: studio per il dipinto La preghiera, Roma, La Galleria Nazionale

 

La preghiera, studio a sanguigna su carta per l’omonimo dipinto presentato alla Biennale di Venezia del 1932 e conservato presso la Galleria Nazionale di Roma, racchiude, nel segno asciutto, nell’atmosfera rarefatta e nella straordinaria perizia tecnica, uno dei punti più alti della produzione grafica di Cagnaccio di San Pietro. Dal linearismo del profilo del bimbo in preghiera, con il caschetto meticolosamente curato e le pieghe della camicia da notte che risaltano per la spiccata resa plastica e chiaroscurale, affiora la diretta eredità dei pittori del Quattrocento veneto, tra cui Carlo Crivelli, Andrea Mantegna e soprattutto Vittore Carpaccio, nel ricordo dei pellegrini in ginocchio oranti in una delle Storie di Sant’Orsola.
Una nuova oggettività di memoria tedesca, ma allo stesso tempo tutta italiana per l’astrazione ambientale tipica del Realismo magico e anche autonoma per il delicato e tenero soggetto infantile, che segue il filone di altri ritratti di bambini tanto caro a Cagnaccio soprattutto dalla fine degli anni Venti in poi. Indagata perfettamente nella sua minuta e graziosa anatomia, ma anche nella sua più segreta parte introspettiva, l’espressività del protagonista si identifica con il credo personale che emerge prorompente creando quasi un contrasto con la sua tenera età, ma anche evidenziando una delle componenti fondamentali del Cagnaccio maturo, quella religiosa.

I nudi perturbanti degli anni precedenti scompaiono in favore delle scene di vita familiare, con una connotazione spesso spirituale o meditativa, come si percepisce nei dipinti coevi dai contorni taglienti e dal cromatismo nitido e impeccabile. Tra questi, Il Rosario, in cui i figli Liliana e Guerrino, immancabili nelle opere dei primi anni Trenta, una con le mani giunte in preghiera, l’altro semplicemente seduto con lo sguardo rivolto verso l’alto, sono insieme alla mamma e alla nonna in una scena tragica, popolare e allegorica allo stesso tempo, dal taglio profondamente oggettivo, quasi straniante nella sua atmosfera silenziosa e rarefatta. Il pathos affiora dagli sguardi, dalle pose, dalla dolente supplica che ritorna anche nel profilo infantile assorto nella Preghiera, con meno dramma ma con la stessa intensità di un’emozione pura e ancora innocente. Uno dei due figli, Guerrino, è raffigurato anche nella sanguigna: conserva lo stesso sguardo fisso e dagli occhi castani (mentre Liliana ha gli occhi azzurri), un’identica fisionomia e lo stesso caschetto dalle ciocche mosse del Rosario, ma anche del dipinto Birichinate del 1929 e di C’era una volta del 1932.

L’aura “spiazzante” e atemporale è la stessa, dovuta al rigore candido della composizione, alle spigolosità di memoria quattrocentesca e al realismo essenziale e lucido. Tutto si racchiude nell’umile e sobrio gesto delle mani giunte di fronte all’icona bizantina della Madonna del Segno, in cui il volto di Gesù è raffigurato in un clipeo posto davanti al petto della Vergine, particolarmente venerata in ambito veneziano e conosciuta alla perfezione dal pittore, autore, in età giovanile, di icone di gusto bizantineggiante. La dolce e intima preghiera rimanda a una certa religiosità vernacolare e popolare e nondimeno alla quotidianità di San Pietro in Volta, ma anche al periodo di avvicinamento alla fede di Cagnaccio, in seguito alla scoperta della malattia che lo accompagnerà negli ultimi anni, quando, dal 1939, inizierà a firmarsi con le iniziali S. D. G. (Soli Deo Gloria).

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