OPERA NON DISPONIBILE
OPERA NON DISPONIBILE

Francesco Paolo Michetti

(Tocco di Casauria 1851 – Francavilla al Mare 1929)

Testa di popolana

Misure: cm 63 x 48,5

Tecnica: tecnica mista su carta

Firmato in alto a destra “Michetti”

La Testa di popolana, tecnica mista su carta, è un modello per una delle donne raffigurate nella grande tela Le Serpi (fig.1), presentata da Michetti insieme a Gli Storpi all’Esposizione Universale di Parigi del 1900 e con cui ottiene la medaglia d’oro. Come consuetudine per Michetti, le grandi teorie di figure in processione, racchiuse in monumentali opere dall’andamento orizzontale tipiche della sua produzione, vengono anticipate da impressioni, immagini, appunti, idee: più che meri studi preparatori rappresentano un vero e proprio corpus di ricerche iconografiche sui tipi del popolo abruzzese, una ricca indagine sui caratteri e sulla realtà quotidiana in forma di trattato antropologico per immagini, poi utilizzate nelle tele.

Le serpi, opera quasi “cinematografica”, è una profonda ode alla sua terra, visione realistica ma anche mistica e vagheggiante, di un mondo ancestrale ormai scomparso. L’idea nasce da una gita San Domenico di Cocullo nel primo maggio del 1884, quando il pittore assiste alla festa delle serpi, antico rito del popolo del Marsi, con la processione della statua di San Domenico adornata con le serpi aggrovigliate e raccolte da marzo in poi in montagna dai “serpari”[1].

La folla di figure – donne, bambini, sacerdoti, serpi – che gremiscono la complessa scena è frutto di studi fotografici e pittorici eseguiti dal Michetti sul luogo e testimoniati dallo studioso di folclore abruzzese Antonio de Nino che racconta di una sorta di pellegrinaggio compiuto con Michetti a Cocullo nel 1889.

«I serpenti  e Gli storpi parvero un ritorno alle intemperanze dei primi anni. Raffigurava la prima una processione attraverso un prato verdissimo, sullo sfondo d’una chiesa dal portico alto e affrescato, con confraternite di uomini e gruppi di donne e di bimbi in vesti violentemente policrome, tutti cinti di serpi verdastri e sul collo, sulle braccia, sulle croci, sui ceri»[2]. Tra le numerose figure femminili in processione, nella parte sinistra della tela, compare una donna più visibile delle altre perché adornata di vestito blu e velo rosso (fig.2). Non cammina, ma è ferma, ieratica, forse stanca perché incinta, con un braccio poggiato sopra il grembo. Il volto elegante e popolare allo stesso tempo, certamente meditativo, è ben visibile nella tecnica mista su carta, sintetica e icastica, fatta di pochi segni essenziali che evidenziano i volumi puri, gli occhi profondi, le labbra piene, e rappresentano la classica bellezza agreste, capace di raggiungere lo stesso valore di un ritratto nobiliare per fierezza e spontaneità. La ricerca di Michetti nella resa dei volti, degli atteggiamenti e delle pose, degli eventi e dei costumi, si mostra qui in tutta la sua lucentezza, così come nella folta serie di Studi a tempera e pastello esposti dall’artista alla Biennale di Venezia del 1899, di cui potrebbe far parte anche il presente modello femminile di Testa di popolana. Un poetico reportage, che si affianca all’uso del mezzo fotografico, dal valore antropologico e vernacolare, lontano dalla narrazione aneddotica e più vicino a una contemplazione che si muta in una visione fatta stimoli sensoriali e di un vasto immaginario popolare, di frammenti di realtà, di volti e di particolari, alla ricerca dell’intima essenza di ogni cosa.

Elena Lago

[1] Tradizione accennata anche da d’Annunzio in una delle Novelle di Pescara, pubblicate nel 1904: « “Vanno a Cucullo” le disse Fra Mansueto, accennando col braccio a un paese lontano. E ambedue si misero a parlare di san Domenico che protegge dal morso dei serpenti gli uomini, e le semenze dai bruchi; poi d’altri patroni…», La vergine Anna, in Novelle di Pescara, Milano, Fratelli Treves editori, 1904, p. 151.

[2] U. Ojetti, Artisti contemporanei: F. P. Michetti, «Emporium», XXII, 1910, p. 427.

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