OPERA DISPONIBILE
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Vittorio Matteo Corcos

(Livorno 1859 - Firenze 1933)

Antica vestale

Misure: cm 46 x 37

Tecnica: olio su tela

firmato in alto a destra: “V. Corcos”

Note: l’opera è uno studio propedeutico della grande tela del 1900 Vestale, conservata in collezione privata a Firenze

Maestro del ritratto à la mode, pittore dalla tecnica impeccabile e dal tocco sognante, apprezzato in tutta Europa, Vittorio Matteo Corcos ha raggiunto l’apice dell’affermazione artistica internazionale adottando un linguaggio originale, luminoso, cosmopolita.

Nato a Livorno nel 1859 e formatosi tra l’Accademia di Firenze e Domenico Morelli a Napoli, nel 1880, si sposta a Parigi per perfezionarsi nello studio di Léon Bonnat. Si inserisce con facilità nel milieu culturale della città e conosce artisti e letterati come Goncourt, Zola e Flaubert. Frequenta i salotti mondani più in voga e comincia a lavorare come illustratore di ventagli e spartiti musicali. Vicino a Giuseppe De Nittis e Giovanni Boldini, viene introdotto al mercante d’arte Adolphe Goupil, con cui firma un contratto della durata di quindici anni, fino al 1896, quindi oltre il suo rientro in Italia del 1886. Si fa interprete di una pittura leggera e charmant, dal carattere virtuosistico e seducente, che raggiunge il massimo dell’espressione nell’esecuzione di ritratti mondani, soprattutto muliebri, in cui l’eleganza del tratto si unisce alla perspicace prontezza d’osservazione.

«Peintre des jolies femmes» viene definito sul «Times» da De Blowitz, corrispondente a Parigi del giornale londinese, sottolineando la delicata vaporosità delle vesti, il candore delle carni, la raffinatezza della composizione e delle pose. «Nel ritrarre le sembianze vive e parlanti, la mobile e mutevole espressione della faccia umana: nel rendere quel singolare carattere che solo un artista forte e geniale sa carpire alle linee del viso e trasfondere coi colori nella tela (il che pone l’opera del pittore assai ben sopra alla fotografia, la quale non può che renderci il mero aspetto di un attimo, fittizio ed esagerato il più spesso) Vittorio Corcos, nel ritratto, ha pochi rivali»[1].

Dopo gli anni parigini e le frequenti esposizioni ai Salon, ritorna a Firenze dove sposa Emma Ciabatti, abilissima nell’animare il salotto nella loro casa in via Marsilio Ficino. Amato da scrittori, pittori e collezionisti e richiestissimo dall’aristocrazia e dall’alta borghesia di tutta Europa, fa della ritrattistica la sua attività principale. Iconici nella sua produzione sono i ritratti femminili fin de siècle, in cui sognanti e meravigliose modelle rappresentano una languida e affascinante decadenza, a metà tra purezza e seduzione. All’apice del successo, all’inizio del nuovo secolo, si collocano i dipinti più famosi, in cui l’eterno femminino affiora nella sua essenza più limpida, serena, mutevole e invariata allo stesso tempo. Del 1900 è La vestale, tela verticale conservata in collezione privata fiorentina, in cui dal fondo scuro emerge luminosa una sacerdotessa di Vesta, dea del focolare domestico, seduta di fronte al fuoco sacro, con alcune rose sparse in grembo simbolo di illusoria bellezza, lievi come il fumo del braciere e come il velo che le copre le spalle. Le forme elegantemente modellate si accordano con l’abilità nella resa dei tessuti, delle carni, dei capelli, nell’evocazione di una idilliaca classicità da ricondurre alle suggestioni neopompeiane ed estetizzanti dei preraffaelliti e di pittori come Leighton. Studio propedeutico alla realizzazione della Vestale è chiaramente questa tela che raffigura solo la porzione del busto di tre quarti: rispetto all’opera finale, che segue tutto il corpo della fanciulla, questo profilo mostra una dimensione più personale e sognante, come ben si nota dagli occhi aperti e persi in un mistico pensiero. Il busto è qui avvolto in vapori e fumi indefiniti, da cui emerge il peplo fissato sulla spalla come nell’opera finale. La definizione del volto dall’incarnato perlaceo e rosato proviene dalla luce che contrasta con il buio dello sfondo e che fa risaltare la capigliatura elegantemente disordinata, impreziosita da una corona d’alloro e bacche rosse che non compaiono invece nella versione finale. Lineamenti aggraziati e linee sottili, morbide forme e vaporoso colore sublimati in un’immagine di antica bellezza senza tempo.

 

Elena Lago

[1] G. Branca, Vittorio Corcos, «La vita italiana», II, 1895, p. 334.

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