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Scultore

Giacomo Manzù


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Giacomo Manzù

( Bergamo 1908 – Aprilia 1991 )

Scultore

    Giacomo Manzù

    Quotazioni di Giacomo Manzù

    Le sculture in bronzo di Giacomo Manzù che precedono il 1945 sono stimate mediamente tra i 14.000 euro e i 40.000 euro. Il soggetto più ricercato sul mercato è il Cardinale la cui valutazione varia dai 4.000 euro ai 50.000 euro e anche oltre, a seconda di molti fattori: la dimensione, l’anno, il materiale. Il record d’asta del 2000 di 634.062 è proprio per un solenne Cardinale seduto di eccezionali dimensioni e qualità. I disegni oscillano tra i 2.500 euro e i 5.500 euro, a seconda della tecnica.

    Data la vastissima e variegata produzione di Giacomo Manzù, queste stime sono del tutto orientative. Raccomandiamo perciò di inviarci una fotografia della vostra opera per ricevere una quotazione precisa e gratuita.

    Biografia

    Giacomo Manzù, nato con il cognome Manzoni, nasce a Bergamo nel 1908. Proveniente da un’umile e numerosa famiglia bergamasca, molto giovane entra come apprendista nella bottega di un intagliatore in legno. Quest’esperienza, di fatto, lo introduce al mondo della scultura, facendogli scoprire ben presto le sue innate doti di intagliatore e modellatore. Dal 1921, frequenta i corsi serali di scultura presso la Scuola Andrea Fantoni di Bergamo.

    Durante il servizio militare del 1927, si trasferisce a Verona, dove frequenta con poca regolarità i corsi dell’Accademia Cignaroli. Ma ormai il suo destino di scultore è certo: intenzionato ad ampliare la sua formazione, nel 1929 compie un soggiorno a Parigi che dura molto poco a causa delle ristrettezze economiche in cui si trova. A questo punto, non rientra a Bergamo, ma decide di stabilirsi a Milano, città che lo porterà in breve tempo al successo. I suoi anni giovanili sono contraddistinti da un linguaggio che ormai supera la statica solidità di Novecento e si nutre delle nuove correnti espressioniste dell’inizio degli anni Trenta.

    Gli esordi: la scultura primitivista

    Si fa interprete di una scultura vibrante, a tratti scabra, profondamente primitivista che si riscontra già nel suo primo lavoro importante, la decorazione della Cappella del Sacro Cuore dell’Università Cattolica di Milano. La commistione tra lo stiacciato donatelliano e un’espressione del tutto personale e ricca di lirismo contraddistingue queste prime opere, approvate dalla critica (Giovanni Scheiwiller scrive poco dopo una prima monografia a lui dedicata) seguite dalla partecipazione alla Triennale d’Arti decorative di Milano. Vi espone una lampada di cristallo con incisione a punta di diamante e la scultura in terracotta Filemone e Bauci posta nel cortile dell’edificio della Triennale.

    Tra decorativismo e plasticismo arcaizzante si va piano piano formando la cifra caratteristica di Giacomo Manzù, affine a quella di Arturo Martini, ma anche molto personale e intima, anti celebrativa e anti monumentale, anche nelle collaborazioni con alcuni architetti nel corso degli anni Trenta, tra cui Giovanni Muzio. È sempre del 1933 la sua prima personale tenutasi a Selvino, con i testi in catalogo di Carlo Carrà e Giovanni Scheiwiller, tra gli altri.

    Un nuovo plasticismo: tra solidità e lirismo

    In questi anni, comincia anche a dedicarsi ai suoi primi soggetti sacri, tra cui il rilievo a sbalzo Gesù e le pie donne esposto alla Sindacale di Milano del 1934. Nel 1937, presentato da Carrà, espone alla Galleria La Cometa di Roma giungendo al successo anche nella Capitale e inaugurando una nuova dimensione stilistica che rielabora la staticità ieratica del ritorno all’ordine degli anni Venti, declinandola in una ricerca sulla figura maschile e in particolare sul soggetto del cardinale.

    Dopo il successo alla Biennale di Venezia del 1938, segue quello alla Quadriennale di Roma del 1939, dove emerge il suo nuovo linguaggio più saldo nei volumi e allo stesso tempo vibrante nelle superfici, come si nota dal Ritratto della moglie in cera e dal Cardinale in bronzo. Ritorna anche la riflessione sulla scultura naturalistica del secondo Ottocento, come ben si può osservare nel delicato bronzo Francesca Blanc, esposto alla Quadriennale romana del 1943. Nelle figure dei cardinali e dei vescovi, tra cui il Cardinale seduto del 1940, si riscontra una riflessione sulla staticità della figura, sull’utilizzo di poche linee sintetiche e sul dramma umano che si manifesta negli sguardi, nelle espressioni assorte, nell’assenza di movimento, nella dimensione quasi geometrica ed essenziale di alcune figure. Con l’elaborazione di un’arte sacra moderna si completa l’esperienza scultorea di Giacomo Manzù anche nel secondo dopoguerra, quando collabora con il Vaticano, fino all’esecuzione della Porta della Morte per la Basilica di San Pietro, ultimata nel 1964. Attivo come insegnante e come scultore fino agli anni Settanta, muore ad Aprilia nel 1991, nella villa in cui si era trasferito negli anni Sessanta.

    Elena Lago

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