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Pittore

Amilcare Casati


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Amilcare Casati

( Forlì 1895 - 1961 )

Pittore

    Amilcare Casati

    Amilcare Casati nasce a Forlì nel 1895 ma si hanno pochissime notizie sulla sua vita privata e sulla sua produzione. 

    Tra verismo e divisionismo

    Gli esordi si iscrivono però all’interno del movimento divisionista come si può comprendere osservando l’opera La veggente realizzata nel 1919. Sia per tematiche e linguaggio pittorico è vicino alla poetica divisionista, infatti utilizza un tocco frammentato, steso a impercettibili tratti orizzontali in grado di ricreare piccoli bagliori di luce che accedono lo sfondo buio del dipinto.

    Il cromatismo dato per accostamento dei colori complementari illumina ancora di più la tela e rievoca inoltre la poetica della Secessione e le scelte dei maestri Galileo Chini, Arturo Noci e Enrico Lionne. La selezione del soggetto mistico e orientaleggiante è un altro dei motivi che avvicina la sua pittura a quella degli artisti della Secessione romana. Il fascino dell’esotico e dell’Oriente torna in Uomo orientale che però per tecnica pittorica differisce dalla Veggente. Infatti in questo dipinto l’artista adopera un linguaggio verista maggiormente connesso alla poetica di fine Ottocento, con una pennellata più pastosa e corposa, non stesa in piccoli filamenti, ma materica. Anche il viso dell’uomo è reso da tratti realistici, individuati da un sapiente uso della luce e del chiaroscuro. 

    Una personalissima interpretazione degli stilemi del Realismo magico

    L’artista sicuramente si specializza nella ritrattistica, ma dagli anni Venti in poi si riscontra un ulteriore cambiamento del suo linguaggio artistico. I ritratti di Artuto Orsini e Giovanni Pizzi testimoniano un avvicinamento agli stilemi del Ritorno all’ordine e soprattutto del Realismo magico in una personalissima accezione. I due personaggi sono stati presidenti degli ICP, il primo dal 1914 al 1917 e il secondo dal 1918 al 1923.

    Oggi le opere sono in collezione della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. Prosegue l’interesse dell’artista verso un’indagine psicologica dei soggetti, che pur nella rarefazione dell’atmosfera riesce a cogliere i tratti fisiognomici delle figure. La tavolozza si schiarisce, divenendo chiara e luminosa, e una luce cristallina sospende il tempo e lo spazio.

    I colori non si accostano più per valori cromatici complementari, ma sono tenui e delle nuances del pastello, avvicinati senza creare contrasti stridenti. Il pittore espone alla Permanente di Milano del 1938 il Ritratto del maestro Zandonai, immortalando in un suo dipinto il celebre compositore e direttore d’orchestra; e realizza il Ritratto di Ines Lidelba, attrice di teatro suo conterranea, oggi in collezione del Museo Romagnolo del Teatro a Forlì. Si spegne nella città natale nel 1961.

    Emanuela Di Vivona

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