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Pittore

Carlo Sbisà


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Carlo Sbisà

( Trieste 1899 -1964 )

Pittore

    Carlo Sbisà

    Quotazioni di Carlo Sbisà

    Gli oli su tela di Carlo Sbisà legati alle atmosfere del Realismo magico sono i più apprezzati e vanno dai 4.000 euro agli 8.000 euro. Ma se dovessero comparire sul mercato capolavori particolarmente interessanti potrebbero anche ottenere cifre maggiori. Il record d’asta del 2016 per il bozzetto di un affresco della Maternità è di 14.000 euro. Sono presenti sul mercato anche i disegni, che variano dai 200 euro ai 1.000 euro.

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    Biografia

    Carlo Sbisà nasce a Trieste nel 1899, frequenta per un anno l’Istituto tecnico ed inizia a lavorare come orafo e cesellatore nella bottega di Janesich. Si trasferisce poi a Budapest dove svolge il lavoro di disegnatore di macchine. Nella città ungherese frequenta molto i musei dove ammira le opere dei coloristi veneti e si appassiona all’arte pittorica. Grazie ad una borsa di studio si trasferisce a Firenze nel 1919 dove frequenta l’Accademia, ma sarà il legame con Carena, Oppi e Funi ad indirizzarlo verso lo studio dell’arte rinascimentale. Si stabilirà nella città toscana per i successivi nove anni continuando a studiare e lavorare, aderendo al movimento novecentista del ritorno all’ordine.

    Gli esordi pittorici: la tradizione rinascimentale toscana

    Nel 1928 decide di tornare nella sua città natale e tiene a Trieste la sua prima personale alla Galleria Michelazzi, in cui sarà Italo Svevo a presentarlo. L’anno successivo si reca a Milano dove gravita il gruppo di Margherita Sarfatti ed inizia ad ottenere i primi riconoscimenti e le partecipazioni alle esposizioni nazionali.

    Nel 1922 partecipa alla Biennale di Venezia con Ritratto, e nell’edizione successiva espone due Ritratti. Nel 1926 è ospite con Elisabetta e Maria e Ritratto femminile, ma è nel 1928 però che Carlo Sbisà si afferma come personalità di spicco del Novecento italiano con l’opera La Venere della scaletta presentata alla Biennale.

    Carlo Sbisà tornerà alla manifestazione veneziana nel 1930 con due opere La disegnatrice e Ifigenia, e poi nel 1932 con Ritratto dell’amico, La Venere del navicello e Ritratto del palombaro. Nell’edizione del 1934 espone Fanciulla sul molo, Ninfa costiera e Venere pescatrice.

    L’artista sarà presente anche alla Quadriennale di Roma del 1931 con La nuotatrice; alla Mostra del sindacato fascista tenutasi a Firenze esponendo La Venere delle Conchiglie e durante gli anni della guerra partecipa alla Mostra del sindacato fascista organizzata a Milano nel 1941 con Ninfa marina e Le grandi conchiglie.

    Tornerà poi nel 1948 alla Biennale di Venezia esponendo Modella che si riveste, Borsa e cartocci e Modella in riposo. Parteciperà sempre alla Biennale nel 1950 con Ritratto di giovane donna.

    Sin dagli esordi la pittura di Carlo Sbisà è caratterizzata da un richiamo esplicito al Rinascimento toscano, memore degli anni trascorsi a Firenze, e le figure dai volumi solidi sono calate in atmosfere luminose e sospese, con un’attenzione particolare alla resa cromatica. 

    I ritratti e la vocazione didattica dell’affresco: il Realismo Magico

    Carlo Sbisà si dimostra abile anche nell’arte del ritratto, facendo riferimento a suoi amici o conoscenti per i volti di alcuni dei suoi personaggi. Infatti nella già citata tela La disegnatrice, Carlo Sbisà ritrae Felicita Frai; o nell’opera L’architetto, raffigura nelle vesti del protagonista Umberto Nordio; immortala un altro ritratto nell’opera Il chimico che ha le sembianze di Domenico Costa. I due dipinti del 1931 Il palombaro e Il motociclista sono un omaggio invece al suo amico Arturo Nathan, e in queste due opere si registra, oltre alla purezza grafica, un’aggiunta nota coloristica. 

    Negli anni Trenta Carlo Sbisà sperimenta anche la tecnica della pittura ad affresco, pratica che lo vede impegnato fino agli anni Quaranta. Carlo Sbisà aveva una concezione dell’arte al servizio della società, e la tecnica dell’affresco ben si prestava a questo scopo, proprio come veniva concepita nel suo amato Rinascimento. Molti edifici pubblici e privati di Milano, Roma e soprattutto Trieste conservano i suoi soffitti affrescati.

    Una produzione eterogenea e il legame con Trieste

    Nel dopoguerra Carlo Sbisà abbandona la pittura e si dedica alla scultura in terracotta, pietra, maiolica e bronzo, opere in cui traspare un’influenza cubista e un’attenzione alla composizione. Queste sue opere scultoree vengono presentate anche alle Biennali di Venezia del 1952 e del 1958. L’artista partecipa infatti nella sezione arte applicata e decorativa con dei vasi in ceramica. Nel 1959 la Galleria Comunale di Trieste ospitò una sua personale di sculture. Sue opere scultoree in bronzo o terracotta ornano anche edifici religiosi nel Friuli Venezia Giulia come la Chiesa dei Santi Ermacora e Fortunato, la cappella della Stazione Centrale, la chiesa della beata Vergine del Soccorso a Trieste.

    L’attività di Carlo Sbisà è molto eterogenea, nell’ultimo periodo si dedica anche all’arte del mosaico, come nella chiesa di Grignano. Il legame con la sua città natale è molto forte, Carlo Sbisà infatti diviene curatore del Museo Revoltella, insegnate alla Scuola Libera di nudo, membro del comitato per la Sala Comunale d’Arte e fonda la Libera Scuola di Acquaforte, nata dalla passione giovanile per la grafica. Carlo Sbisà si spegne proprio a Trieste nel 1964.

    Emanuela Di Vivona

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    Opere di Carlo Sbisà


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