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Umberto Boccioni

( Reggio Calabria 1882 - Sorte (VR) 1916 )

Pittore

    Umberto Boccioni

    Umberto Boccioni, nato nel 1882 a Reggio Calabria da una famiglia romagnola, mostra subito una spiccata propensione verso le arti e la letteratura. Seguendo la famiglia in un succedersi di trasferimenti, si diploma all’Istituto tecnico di Catania nel 1899.

    La formazione romana: tra Divisionismo e Simbolismo

    Dal 1900 al 1906 si stabilisce a Roma, iscrivendosi alla Scuola Libera del Nudo e frequentando lo studio dell’artista e grafico Giovanni Maria Mataloni. L’ambiente accademico gli va un po’ stretto, quindi inizia a frequentare studio di Giacomo Balla in Porta Pinciana, insieme a Gino Severini.

    Balla lo introduce alla tecnica divisionista, praticata sin da subito con una netta attenzione alle variazioni d’atmosfera e di luce: l’artista si reca frequentemente nella campagna romana insieme a Severini, per trarne motivi dal vero, poi presentati alle Mostre degli Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma. Contemporaneamente si interessa alle evocazioni simboliste di Sartorio, De Carolis e Cambellotti e studia Nietzsche.

    I viaggi in Europa

    Nel 1906 e nel 1907 compie alcuni viaggi in Europa: prima si reca a Parigi, dove entra in contatto con l’arte di Cézanne; poi soggiorna in Russia e in seguito a Venezia, dove si ferma per il tempo necessario a farlo giungere ad una netta posizione stilistica, maturata dopo l’attenta osservazione degli sviluppi artistici europei. Intessuto di tutti gli stimoli raccolti nei suoi recenti viaggi, è deciso a farsi interprete di un’arte nuova e dinamica, che abbia come base il divisionismo e il cubismo, ma che si ispiri esclusivamente alla modernità. A Milano, dove si trasferisce, tiene in alta considerazione l’opera di Previati, ma fondamentale è l’incontro con Tommaso Marinetti, nel 1909.

    Il Futurismo

    Lo scrittore aveva appena concluso e pubblicato su “Le Figaro” Il manifesto del Futurismo, che rispondeva perfettamente alle esigenze di rinnovamento di Boccioni. Nel 1910, infatti, firma il Manifesto dei pittori futuristi seguito dal Manifesto tecnico della pittura futurista. Partecipa sin da subito alla più importanti esposizioni futuriste italiane ed europee, mettendo in pratica una peculiare idea di temporalità, che investe spazio e corpi, unendoli in un unico turbinio.

    Il tempo come durata, quello di Bergson, è alla base de La città che sale, dipinto iniziato proprio tra il 1910 e ‘11. Con tecnica divisionista e tavolozza accesissima, quasi infuocata, unisce uomini e cavalli in un movimento che mette in scena la sensazione di simultaneità e di modernità del “tempo industriale”.

    Dalla tumultuosa Città che sale Boccioni approda alla pura rappresentazione di una sensazione con Il trittico degli Stati d’animo. Realizzato in due versioni, la prima al Museo del Novecento di Milano, la seconda al MoMA di New York, rappresenta secondo le parole di Boccioni stesso “il moto e la luce che distruggono la materialità dei corpi”.

    Al 1913 risale la scultura conservata sempre al Museo del Novecento di Milano Forme uniche nella continuità dello spazio, mentre all’anno successivo la pubblicazione di Pittura scultura futuriste (dinamismo plastico). Il saggio boccioniano è un fondamentale punto di riferimento futurista per quanto riguarda la concezione di simultaneità, spazio, dinamismo e temporalità coniugata alla linea.

    Atmosfera e corpi dialogano sempre, in una linea che li unisce senza soluzione di continuità, sia nella pittura che nella scultura. Nel 1915, si arruola come volontario e muore nei pressi di Verona soltanto un anno dopo.

    Elena Lago

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