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Pittore

Urbano Nono


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Urbano Nono

( Venezia 1849 - Longarone 1925 )

Pittore

    Urbano Nono

    Valente scultore friulano d’origine, veneziano di nascita, è una forte tempra d’ingegno e una caratteristica figura d’artista. L’avv. Chiaradia, di lui intimo amico ne tesse così i cenni biografici: «Osservatore costante e profondo, deve la sua carriera al potente sentimento dell’arte che fu in lui per gran tempo una forza latente, ed eruppe poi tutto a un tratto con subitanea quanto maestra affermazione.

    Egli infatti, amico e compagno dello scultore Enrico Chiaradia, vincitore del concorso pel monumento a Vittorio Emanuele in Roma, aveva spesso occasione di trovarsi nello studio ove il Chiaradia lavorava, e un bel giorno, come altri avrebbe preso a scherzare con la creta, Urbano Nono modellò il ritratto di suo padre – e questo ritratto, somigliantissimo, fu la prima rivelazione di senso artistico che era in lui dote innata e di quella speciale disposizione alla scultura di cui oggi ci dà l’ultimo sua prova -.

    Ma il vero debutto si può dire che ei l’abbia fatto coll'”A Rimbalzello”; un ragazzo nudo in attitudine di lanciare un sasso nell’acqua il modo che rimbalzi più volte prima di calare a fondo; lo studio coscenzioso della forma e la naturalezza della posa valsero all’autore il premio Principe Umberto all’Esposizione Brera: fu il battesimo dell’arte.

    A Venezia, all’epoca dell’Esposizione artistica del 1887, si affermò prima col “Belisario”, che per un momento parve destinato ad ornare un museo di Berlino, essendo piaciuto moltissimo al defunto imperatore Federico II, poi col “Latro” opera concepita con ardire nuovo ed eseguita con coraggio e maestria non comune.

    In quella stessa occasione il Nono ottenne un nuovo e più solenne giudizio del suo primo lavoro, quando la Commissione incaricata della compra per la Galleria Nazionale scelse l'”A Rimbalzello” a unanimità di voti; la compra non potè avvenire, perchè il Treves che ne era proprietario ne vietò la riproduzione; ma il concorde voto della Commissione costituì per sè stesso il maggior premio cui l’autore potesse aspirare.

    Quando a Firenze fu bandito il concorso pel monumento a Garibaldi, Urbano Nono si fece un onore di concorrere ed ottenne nella gara il 3° premio per la differenza di due soli voti ed ebbe poi, vincendo un altro concorso, l’ambito onore di vedere innalzata la sua statua a Manin nella piazza omonima di quella città.

    A proposito delle opere principali del Nono, ecco quanto scrive il critico G. A. Munaro in una sua rassegna nel giornale ‘L’Esposizione artistica nazionale illustrata’, Venezia 1887: «Mi permetto di osservare che, nelle tre opere esposte da Urbano Nono, signoreggia un concetto alto e robusto, un concetto del quale pur bisogna tener conto, e per l’artista e per l’arte. Le tre opere sono due gruppi e una statua.

    I gruppi s’intitolano: “Belisario”; “Haec omnia tibi dabo: si cadens, adoraveris me” (Gesù sul monte Oliveto); la statua “Latro”. Alla statua “A Rimbalzello”, toccò, come anni prima, alla “Vocazione” del Marsili: fu accusata dai maligni d’essere cavata da un modello plasmato sul vivo. L’accusa valeva per la statua il più energico degli elogi, ma colpiva, d’altra parte, la creta nella sua essenza.

    E il Nono se ne risentì: plasmò “Latro”, il ladrone in croce, un nudo più grande del vero, nel quale i pregi della prima statua si rivelano nuovamente, e lo spasimo di quell’atroce agonia è studiato, non solo nell’espressione terribile del volto, ma in ogni muscolo, in ogni fibra del corpo; nella contrazione delle estremità come nell’infossamento del ventre, nell’affanno tormentoso del petto come nel ghigno delle labbra agonizzanti. Nei due gruppi abbiamo un Nono diverso che affronta la scultura monumentale col Gesù sull’Oliveto; la scoltura di genere col Belisario.

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