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Pittore
Martin Verstappen
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Martin Verstappen
Verstappen giunse a Roma nel 1804 e già dieci anni dopo è ricordato tra i paesaggisti più importanti e richiesti (G.Tambroni, Cenno intorno allo stato attuale delle belle arti in Roma, 1814) mentre nel 1813 è nominato accademico di merito dell’Accademia di San Luca e tra i suoi committenti può annoverare Bertel Thorvaldsen e Antonio Canova.
Il pittore di Anversa si inserì perfettamente nell’atmosfera di cambiamento che stava attraversando la pittura di paesaggio del primo Ottocento a Roma: in breve tempo una compagine di maestri stranieri e italiani – da Verstappen a Hendrick Voogdt, da Abraham Teerlinck a Giovan Battista Bassi – contribuì in maniera determinante all’affermarsi di un paesaggismo si di impronta classicista, ma libero dalle rigidità settecentesche grazie a una maggiore aderenza al dato reale.
Tra gli allievi di Verstappen in quegli anni anche Massimo Taparelli D’Azeglio che nelle sue memorie ci testimonia il “metodo di lavoro” della scuola del suo maestro: Dipingevo dal vero in tele di bastante grandezza, cercando di terminare lo studio, o quadro, sul posto, senza aggiungere una pennellata a casa. Studiavo in dimensioni minori, pezzi staccati, sempre ingegnandomi di finire più che potevo” (M.D’Azeglio, I miei ricordi, Firenze 1867, p. 386).
Quindi alla base della pittura di paesaggio rinnovata c’è lo studio indefesso del “Vero”, riprodotto con fedeltà in ogni particolare come ben si evidenzia in questa Veduta della valle dell’Aniene, ma questo studio viene poi ricomposto da determinate regole sintattiche – le due quinte arboree ai lati o il lento digradare verso lo sfondo al centro della composizione – e da un rigore compositivo che suggella l’intervento dell’intelletto dell’artista sul bello della Natura.
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